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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

27 maggio 2009

Il Pianeta della Grande Opportunità

"[...] Forse stiamo puntando verso un mondo talmente nuovo e difforme che le esperienze della storia sin qui acquisite si riveleranno insufficienti a comprenderlo e a muovercisi dentro. In ogni caso il mondo in cui stiamo entrando è il Pianeta della Grande Opportunità: non si tratta di un’opportunità incondizionata, bensì aperta a coloro che trattano seriamente i propri compiti, dimostrando in tal modo che trattano seriamente anche se stessi. E’ un mondo che potenzialmente offre molto, ma molto esige, un mondo in cui il tentativo di prendere la via più breve potrebbe condurre al nulla.
Vi incontreremo continuamente un nuovo Altro che pian piano comincerà a emergere dal caos e dalla confusione della contemporaneità. E’ possibile che l’Altro nasca dalle due opposte correnti che danno forma alla cultura del mondo contemporaneo: quella che vuole globalizzare la nostra realtà e quella che vuole conservare le nostre diversità, le nostre differenze, la nostra irripetibilità. E’ possibile che sia loro embrione ed erede. Con lui dovremmo cercare il dialogo e l’intesa. La mia pluriennale esperienza vissuta tra Altri lontani, mi insegna che solo la benevolenza nei confronti dell’altro essere umano costituisce il giusto approccio per far vibrare dentro di lui la corda dell’umanità.
Chi sarà il nuovo Altro? Come sarà il nostro incontro? Che cosa ci diremo? E in quale lingua? Saremo capaci di ascoltarci? Di comprenderci? Vorremo entrambi fare riferimento a ciò che - come dice Conrad - “fa appello alla nostra capacità di esperimentare lo stupore e la meraviglia, alla sensibilità per il mistero che circonda la nostra vita, al nostro sentimento della pietà, della bellezza e del dolore, al legame nascosto con il mondo intero; fa appello alla convinzione sottile ma invincibile che la solidarietà accomuna le solitudini degli innumerevoli cuori umani; fa appello a quella comunanza di sogni, gioie, preoccupazioni, aspirazioni, illusioni, speranze, paure, che lega un essere umano all’altro essere umano, che unisce l’umanità tutta: i morti ai vivi, e i vivi a coloro che non sono ancora nati”? "
Ryszard Kapuściński

25 maggio 2009

Thalburg

" [...] Né la propaganda nazista, a Thalburg, consisteva solo in attivismo puro: allo sforzo persistente, ricco di im­maginazione, esaltante, si univa un’acuta comprensione di ciò che era specificamente adatto, a Thalburg, a ciascun elemento della popolazione. Oltre ai discorsi generici sul nazionalismo, gli ebrei e i “marxisti” vi furo­no riunioni speciali per gli artigiani, per i commercianti, per gli impiegati statali, per i pensionati e per gli o­perai. Si tenne conto delle caratteristiche locali: c’era in città scarso antisemitismo vero, perciò l’argomento fu trattato con mano leggera; ma il sentimento profondamente religioso della cittadinanza fu sfruttato all’estre­mo. Quando non dovevano rivolgersi ad alcun gruppo specifico, i nazisti facevano assegnamento sulle forme spettacolari, i “trattenimenti serali”, le presentazioni di film, gli spettacoli acrobatici, le lotterie, i balli, le e­sercitazioni sportive, le parate militari, le recite di bambini e altri simili espedienti, di cui avevano apparente­mente un fondo inesauribile. Attiravano le masse angosciate in mastodontici convegni, nei quali ciascuno po­teva lasciarsi andare alla sensazione di partecipare a un movimento dinamico e comprensivo, incanalato verso un’azione radicale che avrebbe risposto a ogni esigenza. Il nemico era classificato secondo termini come l’e­breo, il socialista, il senza-dio o, per chi preferiva generalità amorfe, era il sistema a cui risaliva la colpa di tutto, dal crollo della Banca dell’impresa al trattato di Versailles". (William S. Allen, Come si diventa Nazisti, Torino, Einaudi, 1968)
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La cittadina di Thalburg non esiste nella realtà ma proprio con questa finzione l'autore del saggio Come si diventa nazisti ci dice che gli eventi da lui raccontati possono accadere in qualsiasi città, in qualsiasi paese. Ovviamente il contesto è diverso - e forse meno drammatico - ma i meccanismi sono quelli. Basta fare i giusti aggiornamenti. A Thalburg tra il 1930 e il 1933 viene alimentata la paura per l'ebreo fino a che questa paura diventa pervasiva e tutti invocano sicurezza delegandola proprio a chi ha costruito la gabbia della paura e oggi .... E' l'incubo di Thalburg che ci pervade.
*link ad alcune pagine scelte del libro di William S. Allen, Come si diventa Nazisti (1994), pubblicato nel sito ScuolAnticoli
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22 maggio 2009

Se foste ...

Se foste un rom, quella di Salvini non vi apparirebbe come la sortita delirante di un imbecille da ridicolizzare.
Se foste un musulmano, o un africano, o comunque un uomo dalla pelle scura, il pacchetto sicurezza non lo prendereste solo come l'ennesima sortita di un governo populista e conservatore, eccessiva ma tutto sommato veniale.
Se foste un lavoratore che guadagna il pane per sé e per i suoi figli su un'impalcatura, l'annacquamento delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non lo dimentichereste il giorno dopo per occuparvi di altro.
Se foste migrante, il rinvio verso la condanna a morte, la fame o la schiavitu, non provocherebbe solo il sussulto di un'indignazione passeggera.
Se foste ebreo sul serio, un politico xenofobo, razzista e malvagio fino alla ferocia non vi sembrerebbe qualcuno da lusingare solo perché si dichiara amico di Israele.
Se foste un politico che ritiene il proprio impegno un servizio ai cittadini, fareste un'opposizione senza quartiere ad un governo autoritario, xenofobo, razzista, vigliacco e malvagio.
Se foste un uomo di sinistra, di qualsiasi sinistra, non vi balocchereste con questioni di lana caprina od orgogli identitari di natura narcisistica e vi dedichereste anima e corpo a combattere le ingiustizie.
Se foste veri cristiani, rifiutereste di vedere rappresentati i valori della famiglia da notori puttanieri pluridivorziati ingozzati e corrotti dalla peggioripocrisia.
Se foste italiani decenti, rifiutereste di vedere il vostro bel paese avvitarsi intorno al priapismo mentale impotente di un omino ridicolo gasato da unego ipertrofico.
Se foste padri, madri, nonne e nonni che hanno cura per la vita dei loro figli e nipoti, non vendereste il loro futuro in cambio dei trenta denari di promesse virtuali.
Se foste esseri umani degni di questo nome, avreste vergogna di tutto questo schifo.
Moni Ovadia, Se voi foste persone normali, "L'Unità", 9 maggio 2009
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16 maggio 2009

Tra Passato e Futuro

"[...] Nel 1945 avevo sette anni, e iniziava il miracolo della ricostruzione dopo la guerra. Sappiamo che in nome del progresso e della modernità si sono dette e fatte tante schiocchezze. Ma per la mia generazione la parola "progresso" ha significato davvero qualcosa. Ogni anno che passava ci separava dall'orrore della guerra e di giorno in giorno la nostra vita sembrava migliore. Crescere in quegli anni ci ha dato una fede ostinata nel futuro. Appartengo a una generazione di persone che ha mantenuto per tutta la vita un approccio sperimentale, esplorando campi diversi, profanando le frontiere tra le discipline, mescolando le carte, prendendo rischi e facendo errori. E questo in terreni diversi. Dal teatro alla pittura, dal cinema alla letteratura e alla musica. Senza mai parlare di cultura. Cultura è una parola fragile, che, come un fantasma, può svanire nel momento stesso in cui la evochi. Tutto ciò ti fa crescere istintivamente ottimista e ti fa credere nel futuro. È inevitabile. Ma nello stesso tempo ami il passato (essendo italiano, o meglio europeo, non puoi fare diversamente): e quindi vivi sospeso tra la gratitudine verso il passato e una grande passione per la sperimentazione, per l'esplorazione del futuro. Mi vengono in mente le parole di Francis Scott Fitzgerald che concludono "Il grande Gatsby": "Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato". È una splendida immagine, che rappresenta la condizione umana. Il passato è un rifugio sicuro. Il passato è una costante tentazione. E tuttavia il futuro è l'unico posto dove possiamo andare, se davvero dobbiamo andare da qualche parte."
Renzo Piano
*link al discorso in occasione della Cerimonia per l'assegnazione del Premio Architetto dell'anno, Casa Bianca 18 giugno 1998: Renzo Piano, Elogio della costruzione, "La Repubblica", 24 giugno 1998
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14 maggio 2009

Capire il presente

"Per capire veramente il presente, occorre il tempo grande della letteratura. Occorre insomma un ciclo temporale che dura secoli e sopravvive come una memoria comune, senza cui la contemporaneità si appiattisce e perde la propria forza"
Michail Bachtin

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13 maggio 2009

L'Italia vive giornate decisive ...

"L'Italia vive giornate decisive per la sua maturità civile. La coscienza del paese insorge risolutamente contro l'ignominiosa realtà, che si puntella della vigliaccheria altrui e della violenza propria. Moltissimi uomini di fede, che hanno dormito a lungo, si rivegliano finalmente, e chiedono conto a se stessi, prima che agli altri, delle condizioni in cui versa lo Stato italiano dopo oltre due anni di avventura fascista. E, se non andiamo errati, anche per moltissimi - a proposito dei quali non è il caso di incomodare la buona fede - che hanno considerato quella avventura dal punto di vista di un'arcigna difesa conservatrice, è giunta l'ora di fare, un po' sul serio, i conti con la propria coscienza, ed anche con il proprio interesse. Quello a cui assistiamo in questi giorni è la crisi della concezione cinica, bassamente utilitaria e pseudomachiavellica della vita dello Stato. Vi è stata, nel nostro paese, una così detta classe dirigente la quale ha mostrato di credere che sia possibile mantenere in vita uno Stato, ed in ordine una società, fuori delle leggi della morale: oppure che vi sia una morale che va bene quando si tratta di difendere certi interessi contro certi pericoli, ma va malissimo, invece, quando si tratta di infrenare certi egoismi, e di porre un limite al più feroce tornaconto individuale nell'interesse generale della società, che è rappresentato dalla legge. Vi sono stati e vi sono in Italia taluni «benpensanti» abbastanza sciocchi e canaglie per credere che sia possibile tenere in piedi un codice penale che serva a mandare in galera il delinquente ordinario - sovente misero naufrago di una lotta sociale piena di asprezze e di dolore - per far presentare le armi al delinquente privilegiato che uccide in nome della Patria e dello Stato: e che uccide bestemmiando sinistramente. Vi sono stati e vi sono tra noi uomini politici abbastanza ciechi ed inetti, per credere che sia possibile ottenere da milioni di uomini l'accettazione di limiti e di vincoli che hanno il loro fondamento nella legge morale e nel senso della solidarietà sociale, per poi erigere su questo fondamento, la negazione di ogni legge morale e sociale, a totale beneficio di una ristretta categoria di profittatori cinici e violenti, decisi a far vivere l'immoralità propria sulla moralità altrui. Tutto questo, e molte altre cose ancora, rappresentano un monumento di stupidità e di iniquità che ha disonorato la nostra vita pubblica al conspetto del mondo. Occorreranno molti anni e molte prove per lavarci da questa macchia; occorrerà una lunga e tenace pazienza per rieducare una generazione deviata ed illusa; occorrerà una risoluta energia fondata sulla nobiltà di purissime idealità etiche ed umane, per ridare al popolo la fiducia nella moralità dello Stato, per disperdere dinanzi ai suoi occhi la suggestione dell'incubo infame, per persuaderlo che tutta l'organizzazione dello Stato e della società umana non è un'imboscata vergognosa e selvaggia preparata alla grande maggioranza degli uomini, per indurli, attraverso le illusioni della moralità, a servire l'arbitrio, l'egoismo ed anche il delitto di una piccola aristocrazia criminosa, asserragliata sui fastigi della vita sociale.
Oggi questo monumento di stupidità e di iniquità crolla; e noi viviamo nella polvere delle sue macerie. Tutto è da rifare. Tutto è da fondare su solidissime basi. Bisogna parlare chiaro ed onesto al popolo; bisogna dargli certezze salutari, non ombre insidiose; bisogna prenderlo sotto braccio con mano ferma ed amica, e richiamarlo fuori della selva funesta dell'inganno, della menzogna e del delitto, sul terreno solido su cui la vita umana si è svolta da secoli; e sul quale soltanto la società può vivere, e la cultura e lo spirito possono svolgersi nel loro indefinito progresso.
Noi crediamo in quei valori fondamentali che giustificano la morale sociale, e che assicurano una funzione allo Stato: ma proclamiamo altresì che ogni ulteriore esitazione nel restaurare l'impero di quei valori e di quella funzione al cospetto del popolo italiano può rappresentare un tradimento di fronte all'avvenire del nostro paese. Nessuno sia tanto sciocco da illudersi che quando un popolo ha aperto gli occhi - come li ha aperti il popolo nostro - sull'orrenda verità, la truffa peccaminosa possa durare più a lungo. Malvagia e sciagurata illusione! Essa sarebbe foriera, nella nostra terra, di assai funesti risvegli. Quando un popolo si sveglia e vede chiaro, in questioni di tanta gravità; quando esso vede chiaro che è stato truffato ignominiosamente nella fiducia con la quale considerò Io Stato e `e leggi come cosa sacra, non vi sono che due possibilità: o inchinarsi o essere spazzati.
Tutto ciò va detto con assoluta chiarezza in tempo debito. Noi non crediamo nella possibilità di mantenere in piedi una società ordinata, e tanto meno uno Stato retto in questo o in quel modo, quando al governo venga concessa franchigia, oppure vengano concesse speciali facilitazioni - per il compimento del delitto e per la sua impunità. Se vi è qualcuno che si senta di sostenere una diversa tesi, noi teniamo a differenziarci da costui senza limite di conseguenze. Qui tocchiamo il fondo della vita umana: le reazioni che ne derivano sono imperative e sacrosante. E la rivolta morale del popolo che scaturisce da una zona così profonda ed immortale della coscienza umana, rappresenta la suprema legge di fronte alla quale è necessario inchinarsi - ed ubbidire".
Giovanni Amendola

*G. Amendola, Discorso alla Camera dei deputati, 10 Gennaio 1924.
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10 maggio 2009

Diritto di emigrazione e di immigrazione

"Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse. Per il fatto che si è cittadini di una determinata comunità politica, nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di membri, alla stessa famiglia umana; e quindi l’appartenenza, in qualità dicittadini, alla comunità mondiale."
(Giovanni XXIII, Pacem in terris, 1963)

L’Enciclica Pacem in terris è del 1963. Come è bello quel documento! Come è ricco di parole di fede ma anche di tanta laicità. E quanto era ricco di futuro. Ci stiamo avvicinando al primo decennio del ventunesimo secolo e sembra proprio che il mondo si sia ribaltato proiettandosi verso il basso, incapace di tenere lo sguardo verso una progettualità che abbia come baricentro la dignità della Persona. Nel pensiero di Giovanni XXIII la pace è semplicemente la valorizzazione della Persona tra Persone, libere e responsabili capaci di coniugare diritti e doveri per costruire insieme futuro.
Proposta di (ri)lettura:
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03 maggio 2009

Diagnosi - 1999

" La politica è questo, ha una sua moralità, è una concezione del mondo alta, rivolta all'uomo. La politica è come gli uomini governano se stessi, vedono la propria vita individuale, organizzano la propria vita sociale: dovrebbe essere il modo supremo di esercitare questa funzione. Oggi la politica è pura amministrazione dell'esistente, è sottoancella di altri poteri, oggi non c'è, non è solo "bassa", non esiste proprio, è esercizio di un piccolo potere, perché non determina quasi niente, è parassitaria, insegue il consenso. Non chiede consenso a un progetto, cambia i propri progetti a seconda del consenso che trova: è il massimo dell'opportunismo."
Luigi Pintor,
26 marzo 1999

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