"Per quanto gli uomini si sforzassero, radunandosi a centinaia di migliaia in un posto piccolo, deturpando quella terra sulla quale si erano stretti, per quanto soffocassero la terra di pietre perché niente, in lei, nascesse, per quanto estirpassero ogni erba che spuntava, per quanto esalassero fumo di pietra, di carbone e di nafta, per quanto tagliassero gli alberi e cacciassero tutti gli animali e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava l’erba, tornata a vita, saliva e verdeggiava dovunque non fosse stata sarchiata, non solo nelle aiuole dei viali, ma perfino fra le lastre delle strade. Le acacie, i platani, i viscioli dilatavano le gommose, profumate foglioline, e i tigli gonfiavano le gemme, che scoppiavano.
Allegri erano tutti: piante e uccelli, insetti, e bambini.
Ma gli uomini – gli uomini grandi, gli uomini adulti – non smettevano di
ingannare e di tormentare se stessi e gli altri.
Credevano, gli uomini, che la cosa più sacra e più importante non fosse
quella mattinata di primavera, non fosse quella bellezza del mondo,
concessa per il bene di tutte le creature, giacche era una bellezza che
disponeva alla pace, all’accordo e all’amore: ma fosse, la cosa più sacra e
più importante, ciò che essi stessi avevano escogitato per poter dominare
gli uni sugli altri."
Lev Tolstoj
*Lev Tolstoj, Resurrezione, 1899
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