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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

28 luglio 2008

Ermanno Olmi: "elogio della pausa"


Intervista di Paolo d'Agostini
"La Repubblica", 28 luglio 2008


Ermanno Olmi (che riceverà a Venezia il Leone alla carriera) elogia, con generosità, il nuovo cinema italiano:
«Gomorra evoca la realtà à e come Roma città aperta chiude e apre un`epoca. Il divo rappresenta la realtà ed è come Fellini che è stato il nostro apice.
Tra le due cose c`è poi la documentazione della realtà. Un po`come quando al Venezia nel `61 ci trovammo insieme io con ll posto (evocazione), Pasolini con Accattone (rappresentazione) e Vittorio De Seta con Banditi a Orgosolo (documentazione).
Sta succedendo di nuovo».
Lei fa l`"elogio della pausa": prendersi il tempo di pensare, guardare, mettersi in ascolto.
«E la questione di cui più mi prendo cura. Ai giovani faccio sempre la stessa raccomandazione: prima di decidere di cosa volete parlare scoprite dentro di voi che cosa vi sta a cuore, sennò si parla giusto per parlare.
Alcuni anni fa scrissi un pezzo facendo l`elogio della lentezza, quella che ci consente di osservare secondo i ritmi della mente umana. Se tu parli veloce io sento che sei superficiale.
Ascolto i telegiornali - il televisore è diventato il caminetto dell`umanità, che invece di bruciare il ciocco profumato brucia la realtà, la consuma e la butta via-e ascolto i politici che parlano tutti a una velocità incomprensibile: ma che cosa state dicendo? Se vanno così di fretta sono i primi a non credere a quello che stanno dicendo. Quel mio articolo venne poi citato da Luca di Montezemolo. Pensi, il presidente della Ferrari».
Il simbolo della velocità.
«Già: ma quell`attimo di velocità quante pause ha prima e dopo, quanto soppesare ogni dettaglio? Del resto (e ridacchia) lo dicono anche le donne: più vai lento e più sono contente».
E lo stesso perla terza età della vita. Considerata non come ripiegamento ma come stagione fertile in cui ritrovare il tempo e l`attenzione.
«Dire che la vecchiaia è come tornare bambini significa ritrovare quella libertà che nell`innocenza infantile era un dato istintivo ma che la consapevolezza della terza età rende ragionato. Appena ti metti in ascolto ti accorgi che questa libertà serve a riudire la vita che hai fatto, riviverla e modificarla. Puoi ridare significato a una vita vissuta in fretta, in cui hai commesso egoismi di cui non andare fiero».
È arrivato un momento in cui la sua influenza è letteralmente esplosa, facendo di lei una specie di guru. Perché?
«Quello che sento di poter dire senza presunzione è che non ho mai cercato di imbrogliare nessuno. La mia soddisfazione è sempre stata porgermi agli altri con lealtà. Alla fine, quando certe distrazioni cominciano a smagliarsi, adesso che non siamo più così incantati dal possedere una motoretta o un frigorifero, smaltita l`euforia, la sera quando torni a casa dopo la sborna comincia riconsiderare tutto e ti accorgi che non è più il banditore della fiera che ti può incantare, ma è come ti ha salutato un amico, come ti è rimasta fedele una donna e come tu sei rimasto fedele a lei. Tutto questo coincide con il tramonto. E forse è il momento in cui coloro cui mi rivolgo mi ritengono degno di un po` di attenzione».
II suo buon senso contrasta con la lingua pubblica della politica. Nessuno però si azzarda a bollarla di qualunquismo. E possibile che stia assumendo un ruolo simile a quello che ebbe Pasolini?
«Lui era più grande di me di una decina d`anni. lo ero calato a Roma nel`53 e ci siamo conosciuti quasi subito tramite Parise. Feci un documentario sulla modernità del petrolchimico di Marghera, convinto che fosse bello e buono perché ci dicevano che avrebbe risolto tanti problemi.
Pasolini invece aveva giàpercepito i rischi. Dov'erano gli intellettuali di corte? Ai pochi che avevano capito li hanno solo sfruttati politicamente e mai ascoltati perciò che avevano intuito, anticipato. Era la classe dirigente ad essere arretrata. E così domandiamoci oggi chi sono i dirigenti, che cosa sanno, e quel poco che sanno perché lo nascondono».
Come ricorda il`68?
«È stato un legittimo sussulto di giovani. Una generazione figlia di quelli tornati dalla guerra. Che nel`68 avrà circa vent`anni. Non si fermano alle elementari o alle medie ma arrivano alla laurea, e si domandano cosa siamo venuti al mondo a fare in una società che tende a rimettere in atto un sistema che la guerra aveva abbattuto. Questi ragazzi mettono in atto una spintonata alla società, la loro ribellione. Che però è stata immediatamente classificata dagli avvoltoi opportunisti. L`errore è stato di fare del `68 un`ideologia. Alcuni si sono rassegnati e altri si sono incazzati. E quanta gente adulta ha avuto le sue pesanti responsabilità. Cattivi padri, cattivi maestri. La cultura ha tradito».
Rigoni Stern invece è stato un buon maestro?
«Anzitutto di se stesso, e così lo è stato per tutti. Non ha mai abbandonato una relazione filiale con la terra che lo ha generato. Parlava di ciò che conosceva. Oggi diciamo tutti "che maestro è stato". E stato. Ma non lo abbiamo riconosciuto quando ancora era».
Perché ha chiesto che sia Celentano a consegnarle il Leone d`oro alla carriera?
«Adriano è un maestro anche lui. Quando facevo Il tempo si è fermato, il mio primo film, avevo bisogno di un pezzo musicale che fosse uno stacco generazionale. Quando mi hanno detto` c`è un matto che va nelle balere di periferia" sono andato a cercarlo e ho capito che era quello che mi serviva per sottolineare la frattura tra il vecchio montanaro e il ragazzino figlio di operai. Fellini, dopo aver visto il film, venne da me e mi disse: da questo momento siamo fratelli. Era l`inizio della mia carriera. Alla fine della mia carriera chi vuoi che ritrovi se non i miei primi amici del cinema? Federico e Adriano».
Dal suo osservatorio del nord-il bergamasco per nascita, Milano per gli annidi lavoro, Asiago dove ha vissuto-che cosa pensa della Lega, del suo radicamento territoriale e sociale?
«La Lega fa leva su un fastidio, un risentimento. Cosa l`ha alimentato? Quando le popolazioni anche del nord vivevano in uno stato quasi miserabile, l`unico che ti poteva salvare era il Padreterno. Tutti giù a pregare. Oggi fa sorridere, ma quel pregare era un modo per darsi un aiuto, come il canto degli schiavi negri. Quella società povera con la trasformazione industriale è diventata una società non sempre ricca ma pervasa da un benessere generale. Che c`è stato, per un momento. Si è sbagliato a fare i conti, a livelli alti della politica e dell`economia. Oggi si è di fronte a un baratro di possibile nuova povertà, avendo oltretutto distrutto la terra. Qual è il risentimento, allora? Tutte queste persone che oggi votano Lega ma nell`infanzia hanno vissuto quella povertà e hanno conosciuto il beneficio di un benessere sia pur fasullo, se lo vedono messo in discussione dal dover dividere la ricchezza con quelli che ricchi ancora non sono. Chi erano i kapò nei campi di concentramento? Gli stessi prigionieri. Quanti contadini sono diventati piccoli imprenditori? La Lega ha sfruttato il loro risentimento. Quando parlano di sicurezza intendono che colui che potrebbe sottrarmi qualcosa va allontanato. Parlano di sicurezza come dei kapò, mettendo il filo spinato».
Guardandosi indietro ritiene che sia stato il cinema la cosa giusta da fare per lei? O la sua vita avrebbe potuto prendere strade diverse?
«Domanda che potrebbe mettermi in una crisi tale da invocare l`eutanasia. Ho avuto l`opportunità di fare cinema, l`ho fatto con gioia, se dovessi tornare indietro, così come risposerei Loredana credo che rifarei cinema. Ma ho avuto un Virgilio: mia nonna. Dava un senso di sicurezza con invenzioni e sacrifici che oggi nemmeno immaginiamo. Lavorava e cantava. Il suo lavoro conteneva la gioia come prima fonte di retribuzione. Certo, tirava a noi nipoti certe zoccolate, e ci beccava pure. Ma aveva ragione, lei aveva l`autorità per farlo. Dobbiamo essere riconoscenti a quelli che sono morti per noi e non giudicarli e condannarli». "Pasolini capì tutto prima di me Il posto La storia di un giovane, figlio di operai del l`hinterland milanese alla ricerca di un posto di lavoro. Bellissima storia minimalista del `61 Centochiodi Un professore di storia delle religioni, Raz Degan, inchioda i libri di una biblioteca al pavimento e va a vivere sulle rive del Po Se tu parli veloce mi accorgo che sei superficiale. Dico ai giovani: parlate di ciò che vi sta a cuore L`errore è stato di fare del`68 un`ideologia.
Cattivi padri, cattivi maestri. La cultura ha tradito Parla il grande regista che riceverà a Venezia il Leone alla carriera"
"Al tramonto della vita mi ascoltano perché non ho mai imbrogliato".

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3 commenti:

Simona ha detto...

Questa intervista è un gioiello... da leggere e rileggere. Incontriamo spesso, in quest'epoca travagliata, persone che ci riconducono allo stesso comun denominatore: la lentezza, la dolcezza, l'onestà e la dignità.

Anonimo ha detto...

Seguo da sempre Ermanno Olmi e in questa intervista ho ritrovato una meravigliosa sintesi della sua umanità e del suo sguardo sul mondo. In particolare quell'accenno alla "gioia" nel lavoro come prima forma di retribuzione, monito importante in anni in cui si tende a lavorare perché "si deve" e ci si inventa l'happy hours!

Acicah ha detto...

Buongiorno,
vi ho appena conosciuti e già mi piacete... tempo fa un carissimo amico mi ha "regalato" una meravigliosa intervista a Silvano Agosti che qui vedo riproposto nella sua veste di poeta. Credo che verrò spesso a farvi visita. Grazie, è bello sapere che c'è qualcun altro oltre me che pensa che una società fondata sulla fretta non vada da nessuna parte.

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