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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".
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06 settembre 2023

Sei di Genova se ...

 "Da ragazzo a Genova, davanti a questa immensa pianura liquida, adoravo guardare le navi. Se andavano a sinistra sognavo l'Asia, se a destra, l'Africa. E magari andavano solo a Livorno e a Savona!"

Giuliano Montaldo, "LaRepubblica", 25.10.2010


*Giuliano Montaldo 1930-2023.


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02 settembre 2021

Roberto Benigni

 Venezia, 1.9.2021 Festival del cinema 
Cerimonia Premio alla carriera a Roberto Benigni
"In questo momento voglio dedicare un pensiero a Nicoletta Braschi, qui in sala. Abbiamo fatto tutto insieme per 40 anni, io conosco solo un modo per misurare il tempo: con te o senza di te. Ce lo dividiamo questo Leone, io mi prendo la coda, per farti vedere la mia gioia, la mia gioia scodinzolando e tu ti prendi il resto; soprattutto le ali sono tue, perché se nel lavoro qualche volta ho preso il volo è grazie a te, al tuo talento, al tuo mistero, al tuo fascino, alla tua bellezza, alla tua femminilità, al fatto di essere donna. Essere donna è un mistero che noi uomini non comprendiamo. Aveva ragione Groucho Marx quando diceva 'gli uomini sono donne che non ce l'hanno fatta'. Ed è la verità. Io non ce l'ho fatta ad essere come te, Nicoletta. Se qualcosa di bello e buono ho fatto nella mia vita è stato sempre attraversato dalla tua luce. Il nostro è stato un amore a prima vista, anzi ad eterna vista".
Roberto Benigni


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14 gennaio 2020

La guerra era finita ma ....


In questo primo mese del nuovo decennio l'attenzione di varie reti tv si è sintonizzata sui primi mesi del secondo dopoguerra annunciando una serie di film particolarmente riflessivi, soprattutto per chi non sa in quale inferno sia stata scaraventata l'Europa negli anni dei nazifascismo. Ieri - e nelle prossime puntate - Rai1 con La guerra è finita racconta lo strazio dei bambini e adolescenti ebrei scampati allo sterminio e in quelle storie si può riconoscere anche la vicenda personale di Liliana Segre. Lunedì 6 gennaio su Cielo è andato in onda il film danese di Martin Zandvliet Land of Mine, che ha raccontato la storia vera di "ragazzi" - perché erano poco più che ragazzini - dell'esercito tedesco ormai sconfitto obbligati dai danesi a liberare le coste della Danimarca dai milioni di mine che i tedeschi stessi avevano interrato in vista di uno sbarco alleato. Una storia dolorosissima di vincitori e vinti, che ben evidenziava lo sconquasso umano della guerra. E difficile non mettere in connessione quelle storie con il film immenso di Renzo Rossellini Germania anno zero del 1948, proprio nel periodo in cui quegli stessi vincitori e vinti riuscivano ad avviare il progetto dell'Europa comunitaria (oggi quasi vilipeso).
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08 dicembre 2013

La mafia uccide solo d'estate

Negli anni della peggior tv Pif (Pierfrancesco Diliberto) si è inventato uno stile giornalistico scanzonato e puntualmente serio, capace di smascherare la nostra contemporaneità. Il suo primo film da regista La mafia uccide solo d'estate si potrebbe anche definire un "docu-film" in cui la miscela leggerezza e profondità vanno di pari passo in una crescente tensione civile, ben percepibile nelle scene finali. Ed è stato gratificante notare che a Genova in una domenica pomeriggio piena di sole e di "passeggio natalizio" tanti genitori fossero al cinema con i propri figli della stessa età del piccolo protagonista Arturo. Perché questo film è una eccellente lezione di educazione civica.
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17 luglio 2013

Vincenzo Cerami

L’artista ripartisce
in destra e sinistra
divide per metà il mondo
come l’equilibrista.
Ne di qua, ne di là, ma ”tra”.

Lotta con due forze contrarie
(ha in mano il bilancino)
due specchi ad angolo
un’invisibile verticale al suolo,

pure linee di somma zero.
Vincenzo Cerami


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"Ai nostri giorni, per definire una persona  perbene, non bisogna riferirsi alla società e alle sue regole. Non esiste come categoria sociale, è persa nel mare magnum di un'Italia onnivora e multiforme. E' appartata, si nasconde tra una folla anonima orientandosi con una bussola personale che la guida sui sentieri della sobrietà e dell'onestà, morale e intellettuale. Rifiuta i pregiudizi e fraternizza solo con chi ha rispetto di se stesso e partecipa serenamente al bene comune. Agisce rettamente secondo coscienza, non obbedisce a nessun codice e per questo non è riconoscibile. La persona perbene è l'unico cittadino anticonformista, quello che un tempo avremmo chiamato il vero rivoluzionario".
Vincenzo Cerami, "Il Sole 24ore", 13 novembre 2011.
 
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09 gennaio 2013

Il regista delle piccole virtù


 Ermanno Olmi
L'apocalissi è un lieto fine.
Storie della mia vita e del nostro futuro

Milano, Rizzoli, 2013






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10 settembre 2012

La scuola di Monsieur Lazhar

Alessandro D'Avenia, Rose e libri, "La Stampa", 10 sett. 2012

"La verità bisogna chiederla ai poeti, e questo verso potremmo impararlo a memoria, noi che lavoriamo nella Scuola. Ma, si sa, i poeti dicono verità troppo semplici perché qualcuno le ascolti.
Inizia un nuovo anno di scuola, con ouverture tragicomica tra concorsi annullati per buste trasparenti, esami di Tfa degni delle serate Trivial e concorsoni per il reclutamento basati su un criterio rivelatosi insufficiente già da anni. Pazienza. Tutto ciò non ci esime dal lavoro quotidiano, che questa settimana ricomincia.
A tal proposito consiglio la (ri)lettura di un libro del 1932: Il mondo nuovo di A. Huxley. Se non avete tempo basta il primo capitolo, nel quale è descritto il modo in cui i bambini vengono educati nel nuovo sistema di controllo che garantisce l’equilibrio – basato sui consumi – del Nuovo Mondo. I bambini, che non nascono più nelle famiglie ma nelle provette con una selezione adeguata, sono educati in gruppo e obbligati ad odiare due cose che minano il consumo continuo di beni.
Introdotti in stanze piene di rose e libri colorati, non appena cominciano a sfogliare pagine e petali, attivano assordanti allarmi dal soffitto e dolorose scariche elettriche dal pavimento. Urlano impazziti, allontanandosi da rose e libri, apparente causa del dolore. Tutto ciò è ripetuto più volte. Una volta cresciuti, in modo puramente istintivo si terranno alla larga dalla natura e dai libri. Cioè dalla realtà, perché - spiega il direttore del Centro di Incubazione e Condizionamento - stare nella natura o leggere libri è un’abitudine che non genera consumi.
La scena - tragicamente reale oggi - mi ha fatto pensare per contrasto alla scuola come «resistenza» atta a restituire «rose e libri» agli 8 milioni di ragazzi che in questi giorni rientrano a scuola in Italia, spezzando il meccanismo pavloviano indotto dalla società dei consumi, che spinge a non tenere in considerazione la realtà e il suo senso, proprio perché alla realtà e al suo senso i ragazzi spesso associano allarmi e scosse elettriche: noia, delusione, paura, obblighi insensati e mancanza di risposte.
Settecentocinquantamila docenti possono restituire loro «rose e libri». Ma perché a volte quella reazione di fuga da libri e rose è provocata proprio dalla scuola?
I libri più odiati dagli Italiani? Quelli che si studiano a scuola: in vetta la Divina Commedia. Però se Benigni la racconta, tutti se ne innamorano. Come mai?
Credo che ciò valga anche per le materie scientifiche. A quante banalità si sottrarrebbero i nostri ragazzi se imparassero ad amare il mistero e lo stupore del mondo che la scienza prova a scandagliare con rigore e raziocinio. Una mia collega di scienze è diventata professoressa perché il suo professore durante l’ora di scienze poneva solo «perché» da risolvere: le spiegazioni nascevano dalla comune ricerca della risposta. L’entusiasmo era tale che ricorda a memoria quei quesiti: Perché se metto una ciliegia in un bicchiere di acqua calda l’acqua si colora di rosso?».
«Rose e libri». Non meramente come campo di prova per compiti, interrogazioni e programmi da svolgere, ma come sguardo contemplativo e non consumistico sul mondo (frui o uti: fruire o utilizzare? Si chiedeva Agostino). Solo chi entra in contatto vero con la realtà può entrare in contatto con se stesso e conoscere quindi sé e il mondo.
Perché le famiglie non pretendono più dalla scuola quello che per vocazione è chiamata a dare ai loro figli: non bei voti e promozioni facili, ma capacità di porre domande e trovare un senso alle cose che li circondano, attraverso i cinque sensi, stimolati dalla gioia di scoprire, spesso atrofizzata nei maestri che ripetono da anni le stesse lezioni. Inevitabile gettarsi sugli oggetti da consumare.
Socrate inaugurò lo stile occidentale del sapere e della scuola, e lo fecero fuori non solo allora. Alcibiade gli chiede: «Conoscere se stessi, molte volte, Socrate, mi è sembrata una cosa alla portata di tutti, molte volte, invece, assai difficile».
Socrate, in dialogo con i suoi allievi – il dialogo è infatti per lui il logos (parola, discorso, ragione) che passa attraverso (dia-) le persone alla ricerca della verità – risponde:
«Tuttavia, Alcibiade, che sia facile oppure no, per noi la questione si pone così: conoscendo noi stessi potremo sapere come dobbiamo prenderci cura di noi, mentre se lo ignoriamo, non lo potremo proprio sapere».
Abbiamo rinunciato alla conoscenza come modo di prendersi cura di noi stessi. Pensiamo lo possano fare chirurgia e tecnologia: cioè i consumi di cui Huxley aveva previsto la dolce tirannide.
Ma ritorniamo al grido del poeta: come abbiamo osato anteporre qualcosa all’uomo? Ai ragazzi? Abbiamo messo al primo posto programmi e strutture e i risultati li abbiamo sotto gli occhi.
Propongo una piccola riforma a costo quasi zero. Perché quest’anno ogni insegnante non «cura» cinque alunni della propria classe in modo particolare? Come? Dialoga con loro una volta ogni tre mesi a tu per tu (sono solo tre colloqui da 15-20 minuti in un anno: primo, quarto, settimo mese, un’ora e mezzo ogni tre mesi, 5 ore in un anno) per conoscerne progetti, passioni, difficoltà, punti forti e punti deboli. Raccoglie i dati e dopo essersi confrontato con gli altri colleghi della classe (che hanno a cura gli altri gruppetti da cinque) durante consigli di classe non più burocratici, socraticamente prova a mettere in atto strategie educative perché i talenti di quei cinque ragazzi fioriscano.
Credo che questo sguardo ridarebbe dignità allo scopo della scuola. Una scuola come la nostra che ha programmi che il resto del mondo si sogna. Programmi però spesso asetticamente anteposti alle vite degli studenti, e non spazio condiviso di dialogo e ricerca della verità.
O torniamo a prenderci cura delle persone o continueremo a cercare salvezza in riforme di superficie, necessarie sì, ma molto meno di «rose e libri».
«Rose e Libri»: così vorrei chiamare una rete di rinnovamento della scuola, composta da genitori, studenti e professori. Chi mi dà una mano?"

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Per una straordinaria coincidenza la scuola delle rose e dei libri di Alessandro d'Avenia si materializza al cinema nella scuola di Monsieur Lazhar,  piccolo film canadese arrivato nelle sale in questo scorcio d'estate. E' un film sulla scuola, su un maestro (diverso) ed i suoi  (esigenti) alunni, è un film sull'immigrazione e sul confronto tra le culture, è un film sul dolore e sulla solidarietà. E' un film riflessivo,  profondo e leggero, delicato e ricco di umanità, che si fissa nei cuori. Come scrive D'Avenia  la scuola non si fonda sui tecnicismi ma sull'attenzione e sulla serietà del percorso formativo (le rose e i libri appunto, "sfogliare pagine e petali"). La scuola come luogo di resistenza  è quella di Monsieur Lazhar, algerino emigrato a Montréal, che mai è stato maestro prima di allora ma conosce "l'attenzione" e fa leggere Esopo e Balzac perché la scuola è costruzione sull'edificio solido della cultura, accetta anche che suoi scolari gli regalino libri che mai aveva letto perché la scuola è una finestra spalancata sul nuovo.

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17 aprile 2011

Il "papa riluttante"


Michel Piccoli

Habemus Papam, ultima prova di Nanni Moretti, é un film scritto con la mano della leggerezza (bellissima la scelta della canzone Todo cambia di Mercedes Sosa che irrompe nelle stanze del Vaticano, bellissima davvero). Il film è davvero sul Vaticano? Il "papa riluttante"  è l'antitesi del Caimano. Il caimano è l'uomo di successo che grida ed impone ossessivamente la sequenza dei suoi trionfi ai quattro angoli della terra, in ogni occasione, che reclama senza l'ombra del dubbio il suo diritto di determinare ogni cosa, ogni ambito sovrastando anche la legge, pronto a distruggere come un rullo compressore; il "papa riluttante" è l'uomo del dubbio, consapevole della propria debolezza, ma ... alla fine si rivela l'uomo che sa dire NO. Quel No finale sconvolge ogni piano (forse non il piano di Dio), lascia allibito l'intero Palazzo, stordisce tutti i presenti proprio perché piomba sulla piazza come l'annuncio inatteso. E' il no di chi sa di non saper fare (o non voler fare) quello che altri hanno deciso che dovrà fare (fare bene o fare male a loro non importa). E' il no alla probabile strumentalizzazione. E' il no dell'umiltà, è il no della libertà più responsabile. Perché non si deve mai consegnare la propria libertà ad altri, nemmeno in cambio degli onori più alti. 
"Papa riluttante" è colui che non sarà mai caimano, che forse dice No per non rischiare un giorno di ritrovarsi nel ruolo del caimano (magari perché il contesto riuscirebbe a manipolare la sua libertà). Questo il caimano non lo sa, non può saperlo perché non conosce il dubbio, perchè si muove solo per asservire, piuttosto che per servire cause nobili per il bene di tutti, nessuno escluso.
Questa è la mia lettura di questo film forse perché fin dalla prima volta in cui a scuola incontrai "colui che per viltà fece il gran rifiuto" considerai Celestino V l'eroe più umano proprio perché aveva avuto il coraggio del No, "non io".
Ma ritengo anche che il film proponga sottotraccia una lettura più politica, che probabilmente nasce da quel clamoroso intervento di Nanni Moretti del 2002 a Piazza Navona di fronte all'allibito parterre dei leader del Pds ("con questa élite dirigente perderemo sempre"). Con la metafora del "papa riluttante" che sa dire "no, non ne sono capace" chiede a chi pretende di dirigere la sinistra senza avere i requisiti della leadership, senza avere la progettualità, di farsi da parte. Ma é anche il no indicato all'intera intera élite politica della "seconda Repubblica" che in modo trasversale, soprattutto, non sa fare ma pretende di continuare a restare ai posti di comando con tutta l'arroganza di chi non sa neppure che cosa sia l'etica pubblica.  Il problema è che all'orizzonte ancora non si vedono personalità capaci di dare concretezza al futuro di noi tutti con sapienza democratica.

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10 aprile 2011

Sidney Lumet


1924-2011

"Io non so come scegliere il lavoro che fa luce sulla mia vita. Non so cosa sia la mia vita e non la esamino. La mia vita si definisce da sola, mentre la vivo. I film si definiscono da soli, mentre li faccio. Se il tema mi interessa in un dato momento, è già un motivo per mettermi al lavoro. Forse, il lavoro stesso è la mia vita."
Sidney Lumet 


Sidney Lumet è stato il regista che più di ogni altro e con più determinazione ha posto al centro dei suoi film l'etica pubblica e l'umanità della persona. Ha affrontato tutte le problematiche del Novecento e in ogni fim ci obbligava ad un esame di coscienza. Difficile stabilire una graduatoria, difficile scegliere il film più amato, alcuni sono sono entrati nell'anima.
L'uomo del banco dei pegni - 1965 
Serpico - 1973
La parola ai giurati - 1957

Quel pomeriggio di un giorno da cani - 1975
Quinto Potere - 1976
La collina del disonore - 1965
* v. S. Lumet, Fare un film, Roma, Minimum Fax, 2010.

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12 maggio 2010

Diagnosi

"[...] la loro disonestà non è una scelta, è solo l'abitudine di un paese intero a vivere con naturalezza l'essere disonesti, quasi senza sapere che le regole esistono: il bisogno di apparire ricchi giustifica tutto."

Daniele Lucchetti


*a proposito del film di Daniele Lucchetti La Nostra vita, presentato al Festival di Cannes, 2010 ("Il Secolo XIX", 9 maggio 2010).

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27 luglio 2008

Cinema

L'uomo del banco dei pegni, regia di Sidney Lumet
Una giornata particolare, regia di Ettore Scola

Copyright

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