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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

11 novembre 2008

Insegnare

Maurizio Maggiani

L'impossibile impresa dell'insegnare

"Il Secolo XIX", 19 ottobre 2008
Un mio giovane amico di freschissima e brillantissima laurea in giurisprudenza mi ha chiesto un colloquio onde ricevere da me preziosi consigli. Ha ottenuto quel colloquio per puro affetto, nonostante il sottoscritto sia dell’idea che un giovane che chiede consigli a un vecchio debba essere guardato con sospetto. Un giovane deve fare la guerra ai vecchi, non tenerseli buoni; un giovane che non ha ancora capito che i vecchi sono avarissimi di consigli veramente utili, intenti come sono a conservare con le unghie e con i denti le loro posizioni, cercando di mantenersi saldi i loro privilegi il più a lungo possibile e a diretto discapito dei giovani, un giovane a tal punto sprovveduto e indifeso difficilmente saprà incontrare e riconoscere quei rarissimi uomini di grande elevazione morale o quei più ancora rari santi di singolare spiritualità che vorranno tornargli veramente utili.
Tanto vale che ritorni alla casella di partenza e cominciare da capo. Comunque sia il colloquio c’è stato e quanto sopra previamente e onestamente riportato. Ma il giovane giurisprudente non si è dato per vinto e mi ha raccontato della sua grande passione: insegnare, e poterlo fare nelle scuole medie superiori mettendo a frutto le grandi lezioni ricevute ed imparate, dando corpo all’interiore insopprimibile vocazione alla trasmissione di valori e conoscenze.
Ma bene, ma bene, ma bene, che buona notizia, che sollievo sapere che ci sono ancora giovani così motivati. Ma, si duole madido di sorgiva costernazione il giovane virtuoso, ma ho appena scoperto che in una scuola non ci posso mettere piede; né ora e, se continua così come pare, né mai. Il grande tema dell’attualità è quanti insegnanti riuscire a cacciare, non quanti assumerne. Perspicace osservazione del brillante giurisprudente, dolente coscienza della cruda realtà. E capisco che non è un consiglio che pretende, ma un poco di affranta partecipazione, quanto basta a mitigare, condividendola, la sua delusione per questo stato di cose, cinicamente predisposto all’annientamento delle giovanili attese.
Invece si da il caso che un consiglio ce l’ho da dargli; niente di eccelso ma un buon consiglio, ragionevole, di semplice attuazione, volendo. La scuola statale non ti vuole? È orrendo, ma è così. Puoi cambiare il governo, il bilancio, la riforma? No, non mi pare, non ti pare. Ma se è insegnare che vuoi, che lo vuoi fortemente, allora falla tu una scuola. Cercati un pugno di colleghi, altrettanto motivati, altrettanto preparati, indebitatevi con i parenti, vendetevi le moto e i cappotti, cercatevi un posto da affittare in centro città e fondate la vostra scuola. Sceglierete voi l’ispirazione e il metodo; siete liberi di fondare una scuola laica o cattolica, libertaria o pestalozziana, steineriana o gentiliana. Come sceglierete voi il genere di studenti a cui vorrete infondere coscienza e sapere; potete fare una scuola per educare al meglio i figli dei ricchi oppure per elevare quelli dei poveri, una scuola mista o solo per stranieri o solo per italiani, per ambosessi o uno solo. Mai come in questo momento siete favoriti nella vostra impresa, e più andrà avanti questa riforma più sarete richiesti e benedetti, perché farete per i vostri potenziali utenti ciò che la scuola statale presto non sarà più in grado di fare.
Il giovane amico ne è rimasto sbigottito, di certo annientato nella probabile stima che nutriva per me. Ho riconosciuto la cocente delusione e ho intravvisto la malcelata rabbia per quella che gli è parsa una stupida provocazione. Come se avessi offeso le sue più legittime e profonde pulsioni. Lui mi aveva aperto il suo cuore e io lo ripagavo con l’irragionevole e mortificante proposta di rinunciare al primario diritto di insegnare in una scuola statale. Gli ho spiegato che l’idea non è così nuova, che Don Milani quando ha voluto insegnare lo ha fatto senza chiedere di entrare in graduatoria. E come lui molti altri insigni riformatori e pedagoghi; gli ho riferito che ho conosciuto personalmente fior fiore di latinisti, matematici, filosofi che non hanno mai messo piede in una scuola ma hanno passato la loro vita dando lezioni private perché così avevano scelto, facendo più e meglio per i loro studenti degli insegnanti incattedrati. In un momento di così profonda crisi del sistema, l’ho incalzato, se hai veramente determinazione per realizzare un’idea, e se la tua idea ha sufficiente riscontro nei bisogni veri e concreti, allora non puoi che avere successo.
Mi ha lasciato dicendomi in chiaro tono d’accusa che gli avevo dato la mazzata finale, che lui, tanto per cominciare, non conosceva una sola persona al mondo che avrebbe accettato di far parte di un’impresa del genere. Almeno questa ultima osservazione l’ho trovata concernente. Il mio giovane amico fa parte di una generazione educata alla rinuncia dell’intrapresa, destinata all’incertezza non semplicemente del posto di lavoro, ma alla sfiducia in se stessa e delle proprie possibilità di iniziativa. Se è largamente favorita l’iniziativa nella sua accezione più volgare di “fare soldi”, non è nemmeno presa in considerazione l’accezione più nobile, produttiva e necessaria di creare, mettere in gioco la propria vita - tutto quello che si ha, fossero anche solo le catene - per la realizzazione di un’idea, di un progetto, di un sogno che non sia compendiato nell’ignobile riffa di uno dei molti gratta e vinci a disposizione delle illusioni giovanili. “Sfangarla” è tutto quello che credono di poter fare; sfangarla a “Saranno Famosi” o con un posto da qualche parte a fare qualcosa. E i migliori tra loro, quelli dai sogni ancora non pervertiti in miseria dello spirito, sognano e basta. Non c’è e non ci sarà riforma della scuola così esiziale come lo è la mancata riforma della società che se la mantiene a malavoglia.



*estratto dal sito del "Secolo XIX"

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