"[....] Un dato psicologico fondamentale dell'uomo contemporaneo è, dunque, la mancanza di stupore: non tanto il progresso gli è dovuto, quanto il successo. Il progresso è sempre un cammino faticoso, fatto di molte cadute, di larghi smarrimenti, di tentativi incompiuti e di pochi momenti di gloria: sono i momenti del successo. Ma ogni successo è la conclusione di un calvario. Non ci sarebbe progresso se non ci fosse una serie di successi, ma ogni successo è inconcepibile fuori del quadro di una lunga pazienza e di una intensa sofferenza. L'uomo spettatore non guarda all'interno del processo, si ferma alla superficie, si limita alla conclusione, e ritiene che il resto non lo riguardi e che egli si debba soltanto e semplicemente attendere la conclusione positiva. Il ruolo che l'imprevisto gioca nel progresso lo lascia indifferente, e quando l'imprevisto si avvera, il giudizio è netto e tagliente: non ci sanno fare. (Forse è per aver preso coscienza di questo dato psicologico dell'uomo contemporaneo che taluni paesi avvolgono nel più rigoroso segreto non soltanto i preparativi di grandi imprese tecniche, ma anche l'andamento di studi scientifici: ritengono che l'insuccesso - ove si verifichi - provochi un giudizio negativo su un sistema, che l'opinione pubblica non possa avere la consapevolezza del ruolo sempre immanente dell'imprevisto). La mancanza di stupore finirà per rendere scettico, non più razionale o scientifico, l'uomo contemporaneo. L'alternativa non è tra lo stupore e la scienza. Lo stupore è il dono di meravigliarci delle possibilità dell'uomo, è la capacità di ammirare l'immaginabile, è il senso di ritornare bambini - secondo il modo evangelico, perché neanche i bambini, oggi, si meravigliano più di nulla - è credere che il mondo non va avanti per una sua forza di fatalità, ma perché l'uomo pensa, opera, inventa, soffre, cade, balbetta, trionfa. È l'abitudine che impedisce lo stupore, e l'abitudine è la più nociva delle consuetudini. Forse il progresso scientifico-tecnico ha abituato male l'uomo contemporaneo: l'ha abituato a vedere una inarrestabile marcia in avanti fatta di successi in serie, e non si sa più immaginare che l'imprevisto è sempre in agguato. Poiché il sole sorge ogni giorno lo riteniamo una cosa ovvia; se non sorgesse una cosa strana; e non si riesce più a comprendere che invece la cosa strana è quella legge di gravitazione universale che consente al sole di sorgere ogni giorno sulla terra. Sono le leggi scoperte dagli uomini, gli strumenti e le macchine da essi forgiate, che costituiscono un patrimonio di cose meravigliose ed imprevedibili; e il fatto che leggi e macchine si ripetano non riesce a modificare la loro assoluta originalità. È ormai facile constatare che uomini dotati di fantasia ed immaginazione sono quasi soltanto gli scienziati ed i tecnici, proprio coloro che più sono immersi nella rigorosità delle inflessibili leggi naturali. Gli altri - gli spettatori, i consumatori - hanno esaurito ogni loro capacità di fantasia e di immaginazione nutrendosi, apparentemente, di fantasia e di scienza. Ma la fantascienza - tranne qualche eccezione - non è né l'una né l'altra cosa: è un parossismo, è una evasione. Ha finito per rendere impossibile ogni entusiasmo, ogni intuizione, ogni estro; ha finito per far credere che tutto è possibile, anche la mostruosità pseudoscientifica, che tutto è dovuto, anche l'avventura più sorprendente. Se non vogliamo che questo mondo - in cui il progresso della scienza e della tecnica avviene proprio all'insegna della meraviglia - divenga un mondo di scettici e di indifferenti, bisogna ridare spazio allo stupore e all'ammirazione. E occorre riconsiderare l'ineluttabilità dell'imprevisto. Ciò che non si può razionalmente prevedere ha costituito, quasi sempre, i gradini che hanno consentito di raggiungere l'attuale fase di sviluppo scientifico-tecnico. La storia del progresso è la storia dell'imprevisto che ha avuto successo: è anche la storia del rischio che ha dovuto pagare il suo scotto. Dobbiamo sapere che anche oggi ogni tentativo, ogni esperimento, ogni prova, soggiacciono a questa legge inesorabile del rischio che può dare il buon esito ma anche il fallimento. Occorre avvicinarsi alla scienza e alla tecnica - pur come spettatori e consumatori - con l'atteggiamento umile di chi sa che deve attendersi sempre il miracolo, anche quando il miracolo è il sole che quotidianamente appare all'orizzonte, l'aeroplano che ogni volta si stacca dal suolo, o il cuore che ad ogni istante batte. Non v'è miracolo più miracoloso di quello che continua a ripetersi con esasperante monotonia. Se, in tutti i tempi, non vi fossero stati uomini che hanno conservato e ravvivato questi sentimenti, il mondo non sarebbe arrivato alla fase attuale. E se noi, uomini contemporanei, non li sapremo ritrovare, questi sentimenti, c'è pericolo che nel momento più avventuroso della sua storia il mondo abbia un attimo di sosta paurosa: e l'eccezione al miracolo sarebbe la sua fine. C'è, dunque, tutta una angolatura psicologica da ristabilire: insegnare ai bambini a stupirsi di ciò che avviene dinnanzi ai loro occhi; convincere i grandi "mass-media" che debbono insegnare agli uomini a stupirsi; far comprendere agli uomini che essere adulti non vuol dire essere costituzionalmente incapaci di meravigliarsi. C'è, ancora, un atteggiamento di passiva attenzione da superare. Non tutti, ovviamente, possono essere artefici del progresso scientifico-tecnico - o di qualsiasi altra realizzazione del progresso - ma tutti debbono, almeno, saper partecipare nello spirito, nell'attesa, nella speranza, nella trepidazione, nell'ammirazione, alla vita spesso tumultuosa, sempre faticosa, di coloro che, nei diversi settori dell'operare umano, spianano la strada perché il percorso sia a tutti più agevole. La riconquista dello stupore è, forse, una delle cose più urgenti e necessarie".
Francesco D'Arcais
*F. D'Arcais, La mancanza di stupore in "La Civiltà delle macchine", 1966, 3 (mag./ giu) [leggi tutto]
____
Nessun commento:
Posta un commento