"[...] Una lingua senza più ormeggi, senza misura né controllo etico serrato sfocia, nell’agorà politica, giudiziaria, scolastica, in un bacino d’incontinenza verbale, in fradice sequele di dichiarazioni insensate, di propositi assurdi, di smentite e rinnegamenti a ruota di qualsiasi cosa sia detta o pronunciata pubblicamente.
L’insignificanza non è innocua; quella di cui soffre il dire non è episodica; sono colpi di scure ripetuti ai piedi dell’albero Ragione. Quando non prevale che il luogo comune e il sermone corre su binari che sembrano rassicuranti perché privi di novità, allora si affaccia il Pensiero Unico e ci manetta tutti, dai capi dello Stato e del Governo al cancelliere di Tribunale, dal padrone onnipotente della televisione al rincoglionito d’ospizio, dal sindaco al barbone, dal cardinale al famelico sbarcato.
Nei reni del Pensiero Unico si annida una violenza totalitaria metastasica, impaziente di qualsiasi ostacolo (legale, tradizionale, nazionale, ecologico), adattabile ad ogni tipo di regime, che bene o male spacciandosi per neoliberalismo economico trova il suo micidiale strumento pervasivo nel linguaggio politico e di relazione che, ripeto, non ha fondamento reale e non significa che se stesso - figlio di Beliàl, dice la parola scritturale, cioè del Nulla come entità maligna.
L’unica buona regola è diffidare sempre, non credere a nessuno, rigettare ogni predica, il consenso autorevole, l’assoluzione dissolvente...".
Guido Ceronetti
*G. Ceronetti, La parola politica specchio del nulla, "La Stampa", 29 maggio 2011.
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