"[..] Una delle espressioni più alte dell' ebraismo è lo Shabbat. Il nposo sabbatico si inscrive nella dimensione universalista d'Israele. Ogni settimana il abato illumina il valore della centralità dell'uomo e della vita attraverso il rifiuto dei processi di alienazione e la celebrazione dell'uguaglianza. Di sabato è proibito produrre e consumare, è proibito indurre altri alla produzione e al consumo, ebrei, non ebrei uomini animali, piante, finanche la zolla. L'intero creato afferma lo splendore della propria dignlta e il senso dell' esistenza. Il sabato prefigura il messlanesimo, il regno della giustizia sociale, i ruoli non hanno alcun significato, le gerarchie vengono abolite. Ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla vita espulsa dall' orizzonte sabbatico. Lo Shabbat extraterritoriale - lo festeggi dove ti trovi - extratemporale nei confronti dello spazio - perché lo celebri nel tempo del luogo in cui ti trovi, dal calar del sole fino alla comparsa nel cielo delle prime tre stelle. Lo Shabbat è lo spazio-tempo del vi andante, che non ha bisogno di patria perché fonda il valore della vita sul viaggio in cammino verso l'uomo. Che cosa è lecito e bello fare nello spazio-tempo dello Shabbat, visto che il potere del meccanismo, produzione-consumo è impotente nel territorio della santità? È bello costruire l'essere umano redento nello splendore della sua dignità e della sua libertà dall' asservimento individuale e sociale. È bello stare con i propri figli, non per vedere la televisione o abbrutirsi in qualche shopping center, ma per ascoltare le loro domande, per cantare con loro, per raccontare storie, per condividere il sapere' nello studio. È giusto accogliere lo straniero e ospitarlo per imparare che il divino abita presso di lui, è bello prendere tempo per fare l'amore con la propria compagna o Il proprio compagno di vita. Lo splendore sabbatico, in epoca biblica, si spandeva per un intero anno, ogni settimo anno, e dopo sette volte sette annI arrivava il giubileo, il sabato degli anni sabbatici. In quell'anno il Santo Benedetto reclamava la terra per azzerare i diritti di proprietà e riassegnarla secondo equità e giustizia e l'ebreo imparava che in quella terra si vive da gerim toshavim, cioè da "stranieri soggiornanti" o, come suggerisce un acuto traduttore protestante, da "meticci avventizi", insieme agli stranieri che hanno la stessa titolarità ai diritti e agli statuti dell' ebreo. La terra è dunque Santa perché, e solo perché, la si abita da stranieri fra g!i stranieri e vi si pratica un' economia di giustizia".
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"Se si persegue la strada del nazionalismo e della rivendicazione dei diritti di sangue sulla terra, si rimuove un aspetto fondamentale dell’ebraismo: che la terra promessa o donata è del Signore [...] Quella terra non ti è stata donata perché tu diventassi un fanatico nazionalista, ma anzi, proprio affinché tu dimostrassi che l’unico modo per costruire la pace è essere un popolo che sa vivere sulla sua terra da straniero fra gli stranieri".Moni Ovadia
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