"Il 25 aprile festeggia la liberazione da quella forma che l' umanità ha assunto sotto il giogo del nazismo. Ma dire 'liberazione' significa dire che quel giogo non c'è più, e che occorre ricordarlo ed esecrarlo perché non si ripresenti. E probabilmente come totalitarismo politico non si ripresenterà più almeno in Europa. Ma siamo sicuri che l'aggettivo 'politico' è sufficiente a caratterizzare il nazifascismo, o non dobbiamo piuttosto pensare che la sua anima sia da rintracciare in una sorta di totalitarismo tecnico rispetto a cui quello politico risulta essere solo un fenomeno secondario? E se l'ipotesi fosse vera non siamo noi, tutti noi, uomini d' oggi, 'figli di Eichmann', non di Hitler, simbolo dell' espressione ' politica' del totalitarismo, ma proprio di Eichmann, il burocrate, che, come funzionario di un apparato, più o meno come oggi noi tutti siamo nel regime della tecnica, compiva dal ridotto della sua scrivania azioni dagli effetti che oltrepassano l' immaginazione di cui può essere capace un uomo?"
Umberto Galinberti*recensione al libro di Gunther Anders, Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze, 1995.
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