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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

26 aprile 2011

Nostro razzismo quotidiano

"La multietnicità propria delle società moderne non va vissuta come un pericolo bensì come un valore, una opportunità comune di crescita, ma perché questa aspirazione si trasformi in realtà compiuta è necessario far vivere una cultura della solidarietà che è qualcosa di più ricco e impegnativo di una cultura della tolleranza. Sento parlare di classi separate per bambini immigrati, di sbarramenti…, ma una società multietnica pienamente democratica, deve abbattere i ghetti e non realizzarne di nuovi. L'inclusione non è nemica di un comprensibile bisogno di sicurezza."


Elie Wiesel

Nei giorni scorsi l’organizzazione non governativa European Network Against Racism (ENAR) ha presentato al Parlamento Europeo l'Enar Shadow Report 2009-2010 nel quale si evidenzia che. l’Italia è il secondo Paese d’Europa per maltrattamenti, aggressioni e violenze a sfondo razziale. Le prime vittime sono i cittadini di origine africana, i rom e sinti. Davvero un primato sconsolante emerso proprio nei giorni della Liberazione che, prima di ogni altra cosa fu "liberazione" delle leggi razziali e dalla persecuzione, praticate anche in Italia con esiti devastanti. Negli ultimi anni le manifestazioni di intolleranza verso gli immigrati sono scivolate in una forma di "razzismo quotidiano", ben visibile in ogni ambito. A ciascuno di noi è afffidato l'imperativo di contrastare con determinazione ogni esibizione di razzismo, anche quella che ci pare di poco conto.

*link al Report sull'Italia Racism and Discrimination in Italy 2009-2010 a cura di Laura Di Pasquale, Enar, 2011, 48 pp. in pdf.
*link al documento Racism in Europe - ENAR Shadow Report 2009/2010, Bruxelles, 2011 (42 pp. in formato pdf)
*link al sito di ENAR - European Network Against Racism. Bruxelles.


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25 aprile 2011

25 Aprile - L'altra Italia possibile

"[...] Le dittature invece cadono e il 25 aprile ricorda la caduta di quella fascista in Italia. C’è poco da aggiungere a quanto è stato detto tante volte sull’antifascismo e sulla Resistenza, sull’imperituro significato di quest’ultima quale liberazione nazionale, sulle sue contraddizioni, sulle sue diverse e contrastanti anime, sui suoi eroismi e sui misfatti compiuti in suo nome. Il 25 aprile simboleggia vent’anni di un’altra Italia, differente da quella del regime fascista; una resistenza che non è solo quella partigiana, ma anche quella di coloro che non si sono piegati quando un’altra Italia sembrava impossibile; di coloro che si sono opposti nettamente e clamorosamente, nella lotta clandestina, ma anche di chi, più modestamente, ha cercato di salvare il salvabile di dignità e ragionevolezza, senza eroismi ma con la capacità di non lasciarsi abbagliare dall’ «aria del tempo», di respingere la tentazione di «marciare con la Storia», di preservare quell’intelligenza critica che non si lascia sedurre dai belati del gregge, neanche quando sembrano ruggiti di leoni.
Ogni resistenza ha una componente pasquale, di resurrezione; è un risorgere dalla morte, da quella falsa vita che si spaccia per immutabile e definitiva ossia finita e dunque morta.
Anche oggi, dinanzi al dilagare di confusione, volgarità, prepotenza, corruzione, sconcezza che sommerge il Bel Paese come liquami che salgano dalle fognature, è forte la tentazione di arrendersi, di lasciarsi andare, di credere che l’andazzo disgustoso sia uno stadio ultimo, che una vera mutazione antropologica abbia creato un nuovo tipo d’uomo, un non-cittadino, e che questa specie, nella selezione darwiniana, sia fatalmente dominante. L’indifferenza che mette in soffitta la Resistenza vera e propria e l’attentato alla Costituzione, che da essa è nata e che è la spina dorsale dell’Italia civile, sono un sintomo fra i tanti di questa involuzione morale. Ma proprio quella data insegna a non scoraggiarsi; ricorda come credere che tutto sia perduto e che non si possa più reagire sia una tentazione, stupida come lo sono in genere le tentazioni. C’è un’altra Italia possibile, rispetto a quella che oggi subiamo. [...]."
Claudio Magris

*C. Magris, Un antidoto all’indifferenza, "Corriere della sera", 24 aprile 2011.
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24 aprile 2011

Promemoria per il 25 Aprile


"Fummo presi in contropiede. Il mio paese era pieno di gente come noi. Era irriconoscibile, il mio paese: a ogni ora arrivano soldati dai quattro cantoni dell’orizzonte, e tutti si cercavano, cercavano noi, volevano fare qualcosa, organizzarsi."
Luigi Meneghello

Luigi Meneghello, Piccoli maestri, 1964.

23 aprile 2011

Aspettando una Pasqua


Folon

"Chiunque preferisca gli umili agli infallibili sarà rimasto colpito dal dialogo televisivo fra il Papa e la bimba giapponese che gli chiedeva conto del terremoto. «Perché i bambini devono avere tanta tristezza?», domandava la piccola, dando fiato a un tarlo che non trova risposte nella ragione, ma solo in quella che le Chiese chiamano fede e gli psicanalisti junghiani intuizione. Il Papa avrebbe potuto rispondere come quel cattolico saputello e fanatico del Cnr, che a proposito dello tsunami aveva tirato in ballo il castigo di Dio. Invece se n’è uscito con un’ammissione di impotenza dotata di straordinaria potenza: «Non abbiamo le risposte. Però un giorno potremo capire tutto». Per il niente che vale, la penso (anzi, la sento) come lui. Mi sono sempre immaginato la vita come un film di Woody Allen, dove gli attori recitano le scene senza che il regista mostri loro l’intero copione. Solo al termine delle riprese vengono ammessi in sala montaggio e finalmente comprendono il motivo per cui si erano baciati o presi a schiaffi. Per tutta la vita ci sentiamo sballottare da eventi che non afferriamo e siamo pervasi da un senso di inadeguatezza, come se ogni cosa sfuggisse al nostro controllo e il cinismo rappresentasse l’unico antidoto allo smarrimento. Ma appena diamo tregua al cervello e inneschiamo il cuore, sentiamo che tutto ciò che d’incomprensibile ci succede contiene un significato. E il fatto di trovarci al buio non significa che la stanza sia vuota, ma solo che bisogna aspettare che si accenda la luce."

Massimo Gramellini

*M. Gramellini, Senza copione, "La Stampa", 23 aprile 2011.

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22 aprile 2011

Lessico populista

[...] C´è un´altra questione, che non riguarda solo le istituzioni, ma chiama in causa tutti noi. Come dovrebbe essere ormai evidente, la destra oggi al potere sta saggiando il perimetro del sistema, per vedere se i muri maestri reggono, o se per sfuggire alle difficoltà del suo leader gli sfondamenti sono possibili. Purtroppo, ha verificato negli ultimi due anni che ogni forzatura è praticabile, perché le anomalie in Italia non vengono più chiamate con il loro nome, perché ogni superamento del limite non viene giudicato, anzi viene derubricato a "conflitto", mettendo sullo stesso piano chi deforma e chi difende le regole. Le stesse regole che hanno retto il sistema per decenni, sono ormai considerate in fondo come un´ossessione privata e residua di pochi ostinati, insultati di volta in volta come "bardi", "puritani", "parrucconi", secondo la necessità di difesa del leader. Anzi, è nato il concetto nuovissimo di "regolamentarismo": è il richiamo alle regole, o alla legalità, o al diritto, trasformato in ideologismo, in burocraticismo, noioso e antiquato freno capace solo di impacciare e limitare la spada populista del comando. Una spada che se invece fosse libera e fulgida potrebbe tagliare d´un sol colpo - tra gli applausi generali, e a reti unificate - i nodi intricati della complessità contemporanea, che la politica si attarda ancora a cercare di sciogliere, perché è stata inventata per questo, prima che la riformassero. [...]".
Ezio Mauro

*E.Mauro, Nel Paese di Ponzio Pilato, "la Repubblica", 22 aprile 2011.

17 aprile 2011

Il "papa riluttante"


Michel Piccoli

Habemus Papam, ultima prova di Nanni Moretti, é un film scritto con la mano della leggerezza (bellissima la scelta della canzone Todo cambia di Mercedes Sosa che irrompe nelle stanze del Vaticano, bellissima davvero). Il film è davvero sul Vaticano? Il "papa riluttante"  è l'antitesi del Caimano. Il caimano è l'uomo di successo che grida ed impone ossessivamente la sequenza dei suoi trionfi ai quattro angoli della terra, in ogni occasione, che reclama senza l'ombra del dubbio il suo diritto di determinare ogni cosa, ogni ambito sovrastando anche la legge, pronto a distruggere come un rullo compressore; il "papa riluttante" è l'uomo del dubbio, consapevole della propria debolezza, ma ... alla fine si rivela l'uomo che sa dire NO. Quel No finale sconvolge ogni piano (forse non il piano di Dio), lascia allibito l'intero Palazzo, stordisce tutti i presenti proprio perché piomba sulla piazza come l'annuncio inatteso. E' il no di chi sa di non saper fare (o non voler fare) quello che altri hanno deciso che dovrà fare (fare bene o fare male a loro non importa). E' il no alla probabile strumentalizzazione. E' il no dell'umiltà, è il no della libertà più responsabile. Perché non si deve mai consegnare la propria libertà ad altri, nemmeno in cambio degli onori più alti. 
"Papa riluttante" è colui che non sarà mai caimano, che forse dice No per non rischiare un giorno di ritrovarsi nel ruolo del caimano (magari perché il contesto riuscirebbe a manipolare la sua libertà). Questo il caimano non lo sa, non può saperlo perché non conosce il dubbio, perchè si muove solo per asservire, piuttosto che per servire cause nobili per il bene di tutti, nessuno escluso.
Questa è la mia lettura di questo film forse perché fin dalla prima volta in cui a scuola incontrai "colui che per viltà fece il gran rifiuto" considerai Celestino V l'eroe più umano proprio perché aveva avuto il coraggio del No, "non io".
Ma ritengo anche che il film proponga sottotraccia una lettura più politica, che probabilmente nasce da quel clamoroso intervento di Nanni Moretti del 2002 a Piazza Navona di fronte all'allibito parterre dei leader del Pds ("con questa élite dirigente perderemo sempre"). Con la metafora del "papa riluttante" che sa dire "no, non ne sono capace" chiede a chi pretende di dirigere la sinistra senza avere i requisiti della leadership, senza avere la progettualità, di farsi da parte. Ma é anche il no indicato all'intera intera élite politica della "seconda Repubblica" che in modo trasversale, soprattutto, non sa fare ma pretende di continuare a restare ai posti di comando con tutta l'arroganza di chi non sa neppure che cosa sia l'etica pubblica.  Il problema è che all'orizzonte ancora non si vedono personalità capaci di dare concretezza al futuro di noi tutti con sapienza democratica.

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Servitori dello stato


"Restiamo isolati perché ad un certo punto gli altri,
in ordinato silenzio, hanno fatto un passo indietro.
Ma noi siamo lì allo stesso punto di prima."
Franco Provenzano, magistrato

Agostino Pianta, Francesco Ferlaino, Francesco Coco, Pietro Scaglione, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione, Fedele Calvosa, Emilio Alessandrini, Cesare Terranova, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Gaetano Costa, Mario Amato, Giangiacomo Ciaccio Montaldo, Bruno Caccia, Rocco Chinnici, Antonio Saitta, Alberto Giacomelli, Rosario Livatino, Antonio Scopelliti, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino.

In Italia è troppo lungo l'elenco dei magistrati assassinati dalla criminalità organizzata, dal terrorismo, dalle Brigate Rosse, talmente tanti i nomi che pochi li conoscono; alcuni ne offendono la memoria per sfregiare la Magistratura. Tutti ad uno ad uno meritano di essere onorati sempre, i rappresentanti delle più alte Istituzioni dello Stato devono onorarli come servitori dello stato, consegnando così autorevolezza ad ogni Magistrato.

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16 aprile 2011

Pensieri "astratti" sulla scuola pubblica

"[...] Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico"

Piero Calamandrei
*P. Calamandrei, 3° Congresso in difesa della Scuola nazionale (Roma,11 febbraio 1950).
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10 aprile 2011

Sidney Lumet


1924-2011

"Io non so come scegliere il lavoro che fa luce sulla mia vita. Non so cosa sia la mia vita e non la esamino. La mia vita si definisce da sola, mentre la vivo. I film si definiscono da soli, mentre li faccio. Se il tema mi interessa in un dato momento, è già un motivo per mettermi al lavoro. Forse, il lavoro stesso è la mia vita."
Sidney Lumet 


Sidney Lumet è stato il regista che più di ogni altro e con più determinazione ha posto al centro dei suoi film l'etica pubblica e l'umanità della persona. Ha affrontato tutte le problematiche del Novecento e in ogni fim ci obbligava ad un esame di coscienza. Difficile stabilire una graduatoria, difficile scegliere il film più amato, alcuni sono sono entrati nell'anima.
L'uomo del banco dei pegni - 1965 
Serpico - 1973
La parola ai giurati - 1957

Quel pomeriggio di un giorno da cani - 1975
Quinto Potere - 1976
La collina del disonore - 1965
* v. S. Lumet, Fare un film, Roma, Minimum Fax, 2010.

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07 aprile 2011

Da qualunque distanza arriveremo

"[....] L’Italia e l’Europa ci mettono tutta la forza delle leggi e dei trattati per impedirgli di venire qui. Ma loro ci mettono la forza della disperazione per venire. Lo scontro è fra queste due forze. Ora lo sappiamo".
Fernando Camon, La legge della disperazione, "La Stampa", 7 aprile 2011.


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A milioni di passi
Da qualunque distanza arriveremo, a milioni di passi
Quelli che vanno a piedi non possono essere fermati.
Dai nostri fianchi nasce il vostro nuovo mondo
È nostra la rottura delle acque, la montata del latte.
Voi siete il collo del pianeta, la testa pettinata,
Il naso delicato, siete cime di sabbia dell’umanità.
Noi siamo i piedi in marcia per raggiungervi,
vi reggeremo il corpo, fresco di nostre forze.
Spaleremo la neve, allisceremo i prati, batteremo i tappeti
Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo passo a passo.
Stringetevi nei panni, noi siamo il rosso e il nero della terra,
oltremare di sandali sfondati, lo “scirocco”.
Erri De Luca



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04 aprile 2011

Siamo in un gorgo

"Navi affollate di esseri umani alla deriva, immense tendopoli circondate da filo spinato, come moderni campi di concentramento.Ogni avanzo di dignità perduta, i popoli che ci guardano allibiti, mentre discettiamo se siano clandestini, profughi o migranti, se la colpa sia della Tunisia, della Francia, dell´Europa o delle Regioni. L´assenza di pietà per esseri umani privi di tutto, corpi nelle mani di chi non li riconosce come propri simili. L´assuefazione all´orrore dei tanti morti annegati e dei bambini abbandonati a se stessi. Si può essere razzisti passivi, per indifferenza e omissione di soccorso. La parte civile del nostro Paese si aspetta – prima di distinguere tra i profughi chi ha diritto al soggiorno e chi no – un grande moto di solidarietà che accomuni le istituzioni pubbliche e il volontariato privato, laico e cattolico, fino alle famiglie disposte ad accogliere per il tempo necessario chi ha bisogno di aiuto. Avremmo bisogno di un governo degno d´essere ascoltato e creduto, immune dalle speculazioni politiche e dal vizio d´accarezzare le pulsioni più egoiste del proprio elettorato e capace d´organizzare una mobilitazione umanitaria.
[... ]
"Rappresentanti del popolo" che sostengono un governo che sembra avere, come ragione sociale, la salvaguardia a ogni costo degli interessi d´uno solo, dalla cui sorte dipende la loro fortuna, ma non certo la sorte del Paese. Un Parlamento dove è stata portata gente per la quale la gazzarra, l´insulto e lo spregio della dignità delle istituzioni sono moneta corrente. La democrazia muore anche di queste cose. Dall´estero ci guardano allibiti, ricordando scene analoghe di degrado istituzionale già viste che sono state il prodromo di drammatiche crisi costituzionali.
Siamo in un gorgo. La sceneggiatura mediatica d´una Italia dei nostri sogni non regge più. La politica della simulazione e della dissimulazione nulla può di fronte alla dura realtà dei fatti. Può illudersi di andare avanti per un po´, ma il rifiuto della verità prima o poi si conclude nel dramma. Il dramma sta iniziando a rappresentarsi sulla scena delle nostre istituzioni. Siamo sul crinale tra il clownistico e il tragico. La comunità internazionale guarda a noi. Ma, prima di tutto, siamo noi a dover guardare a noi stessi."
  Gustavo Zagrebelsky


*G. Zagrebelsky, Appello, "la Repubblica", 4 aprile 2011.

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03 aprile 2011

Vivi come credi


Ti criticheranno sempre,
parleranno male di te
e sarà difficile che incontri qualcuno
al quale tu possa andare bene come sei.
Quindi: vivi come credi, fai quello che ti dice il cuore...
la vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali.
Canta, ridi, balla, ama...
e vivi intensamente ogni momento della tua vita...
prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi....

Charlie Chaplin

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Copyright

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