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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

09 giugno 2008

Clandestini

Giuseppe Anzani
Fratelli nostri quei morti nel mare di casa
"Avvenire", 8 giugno 2008
E adesso che cosa si prova di fronte alla nuova tragedia, al­l’ennesima carretta del mare affon­data nelle acque di Lampedusa, ai corpi di 13 morti certi e di non si sa quanti altri, all’incerto destino de­gli scampati? Adesso, dico, adesso che il tema della sicurezza ci va martellando le orecchie e s’impasta col tema dell’immigrazione come in corto circuito mentale, a dise­gnare la Grande Paura, l’immagine dell’Orda? Possibile che l’intelli­genza dei fatti e delle cause non sappia partorire altro rimedio che preparare in futuro ai superstiti – come progetta un disegno di legge del ' pacchetto sicurezza' del 23 maggio – l’arresto in flagranza, il processo per direttissima e il car­cere da 6 mesi a 4 anni? « È un monito, una deterrenza » , di­cono alcuni politici che vogliono il pugno duro. E c’è chi profetizza un editto del Parlamento europeo, da cui attende man forte alla linea di tolleranza zero. Così si gestisce la sorte dei miserabili, così si caccia via la disperazione umana dei più sventurati. È brutale, ma risolve il problema, dicono. E invece no, invece è difficile dire persino se le fantasie della forza bruta siano più crudeli o più insi­pienti. I barconi, le carrette, i gom­moni carichi di corpi ammassati, torneranno l’indomani a inseguire la rotta che incrocia il rischio di naufragio e di morte, finché per lo­ro è la rotta ' della speranza'. Eva­cuati, internati, espulsi, rimpatria­ti, ancora le zattere rovesceranno nell’acqua il carico umano di vita rischiata, finché il vento che gonfia la vela si chiama disperazione. Le politiche di puro ' contrasto' sono improvvidenti se non fronteggiano le ragioni della spinta migratoria, e se non rimediano in radice le cau­se della scelta 'clandestina'. Il gua­sto infatti non è l’immigrazione, ma la clandestinità. Il fenomeno mi­gratorio è antico quanto il mondo; la piaga è cosa diversa, la piaga è la clandestinità. Piaga per noi, trage­dia per loro. Come non capire allora che il fuo­co del problema è lì, che c’è una clandestinità coatta dalle strettoie dei flussi legali al limite dell’impra­ticabilità ( migliaia di badanti do­vrebbero tornare a casa per chie­dere il visto e poi, forse, tornare qui) e dall’altro c’è la condizione uma­na, o si dovrebbe dire disumana, della terra d’origine, dove lo stento economico fissato dal protezioni­smo dei Paesi ricchi, le pandemie devastanti e senza farmaci, le guer­re nutrite dalle armi fornite da noi, le colpe dei satrapi locali, spingono i migranti a vender tutto, a pagare prezzi capestro ai passatori, a la­sciare i familiari in ostaggio ai mer­canti strozzini, a viver randagi pur di vivere. Sono anche gli infiniti vol­ti della miseria, appena sfiorati dal­l’ennesima Conferenza Fao, a dar giusto nome a ciò che chiamiamo 'invasione' ed è invece fuga di 'mi­granti forzati'. Non è solo problema d’Italia, è pro­blema d’Europa. Un mese fa il quo­tidiano spagnolo ' El Pais' parlava della teorica « irregolarità » in Euro­pa di 8 milioni di persone, e diceva che 8 milioni di rimpatri forzati sa­rebbero « una deportazione da Me­dio Evo » . È sì necessaria una cultura delle re­gole, ma abbracciata alla cultura della vita. Dobbiamo capire che la migrazione si governa con intese multilaterali, con i Paesi di origine, con i Paesi di approdo; e che non ha senso cacciarli da casa nostra se non li aiutiamo in casa loro. Sfogo al do­lore dei nuovi morti è di aiutare i vi­vi. Non chiameremo ' accoglienza' la sepoltura.

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