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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

10 giugno 2008

1987 - Assalti ai campi Rom - 2008

Enzo Forcella
Capitale in tilt
"La Repubblica", 18 novembre 1987
Gli zingari ci ricordano gli storici sono un popolo di grandi e antiche tradizioni. Sono portatori di una specifica cultura, con alle spalle una storia lunga e travagliata. La loro storia, in fondo, è la storia di un pregiudizio a sua volta generatore di emarginazione e di violenza: quello con cui la civiltà europea ha sempre cercato di esorcizzare la sua atavica paura del diverso. I cittadini delle aree urbane che si sentono assediati dagli zingari e quasi contaminati dalla loro presenza scrive sul Messaggero il professor Alfonso Di Nola ignorano queste tradizioni e questa storia. E' necessario rimuovere le secolari formazioni di stereotipi pregiudicanti che hanno trasformato lo zingaro nel nostro nemico. Bisogna farlo attraverso un' educazione scolastica dei giovani e una più ardua rieducazione degli adulti. D' accordo. La storia contemporanea ci ha reso estremamente sensibili ad ogni sentore, sia pure il più vago, di risorgente razzismo. Per questo la rivolta delle borgate romane contro il ventilato insediamento di poche migliaia di zingari sfrattati dalle altre zone della città, dove erano rimasti finora accampati, ha provocato tanta emozione e tante sdegnose repulse. E, infine, un' inchiesta della magistratura. Mi chiedo però sino a che punto, in questo caso, il ricorso alle categorie del razzismo, della xenofobia, della paura del diverso ci aiuta a capire ciò che sta avvenendo nella capitale. Saverio Vertone, sul Corriere della Sera, con l' immancabile richiamo alla pasoliniana perdita dell' antica identità popolare, parla addirittura di accattoni che diventano aguzzini di altri accattoni. Ho l' impressione che ancora una volta, come spesso avviene, gli intellettuali siano rimasti prigionieri dei loro schemi ideologici e letterari. La realtà è assai più grigia e modesta. Anche se non per questo meno complicata e sgradevole. Guardiamo i fatti. Gli zingari in questione, come si sa, a Roma non sono arrivati ieri. Ci stavano già da mesi, addirittura da anni, accampati a Ponte Marconi, a Tor Bella Monaca e anche lungo il greto del Tevere sino a Ponte Milvio. Le baraccopoli, che dovevano essere provvisorie, hanno finito così per divenire permanenti. E la convivenza con i locali, con l' andare del tempo, si è andata facendo sempre meno idilliaca. Furti, scippi, aggressioni, scontri violenti tra bande contrapposte. E' facile, abitando in un quartiere residenziale, esortare alla tolleranza e alla pacifica compenetrazione delle diverse culture. La gente alle prese con questa quotidiana convivenza ha finito però col non poterne più e, a forza di manifestazioni e petizioni popolari, ha costretto il Comune a cercare un' altra soluzione. Già, ma quale soluzione? Gli amministratori, in tutt' altre faccende affaccendati, non ci avevano mai pensato. C'è una legge regionale che a suo tempo aveva previsto l' organizzazione di particolari campi attrezzati per i nomadi e per i tanti altri clandestini stranieri che hanno continuato ad affluire nella capitale (ormai, secondo stime attendibili, dovremmo essere arrivati ai 200 mila). Ma questa legge, ovviamente, non è mai stata applicata. Ecco allora che gli amministratori, colti di sorpresa, cominciano a cercare affannosamente le località dove scaricare la massa degli zingari sfrattati. Ci sono due tenute agricole di proprietà comunale che potrebbero servire alla bisogna. Ma è sufficiente un sopralluogo per rendersi conto che non ci sono acqua luce fognature. Un accampamento in questi campi arati sarebbe soltanto un ghetto di fango. A questo punto comincia il balletto che accende le polveri della rivolta. La caccia alle possibili zone di insediamento e una serie di indicazioni che però devono rimanere rigorosamente segrete per non turbare i residenti con anticipazioni che potrebbero provocare altre manifestazioni di intolleranza. I residenti, tuttavia, sono in campana e cominciano a organizzare barricate e blocchi stradali. Gli zingari non ci sono, ma potrebbero arrivare e nelle borgate non ce li vogliono perché non hanno alcuna intenzione di ripetere al Tiburtino, a Setteville, al Prenestino le esperienze di Tor Bella Monaca e di Ponte Marconi. La rivolta, probabilmente, è stata alimentata se non proprio promossa da forze politiche (i missini) ed economiche (i palazzinari, che temono il deprezzamento di zone già prese d' occhio dalla speculazione edilizia) le quali hanno tutto l' interesse a pescare nel torbido. Ma è però significativo che i comunisti, dopo aver preso posizione in un primo tempo contro le proteste razziste, abbiano poi modificato la rotta e ora cerchino di cavalcare la tigre della rivolta. Il rifiuto di accogliere gli zingari implica, evidentemente, un pregiudizio sfavorevole nei loro riguardi. Sarebbe difficile contestare però che il pregiudizio non è in qualche misura giustificato. Per quanto di grandi e antiche tradizioni, si tratta pur sempre di gente che pone grossi problemi di convivenza nelle zone in cui vanno a insediarsi. Perché di questi problemi debbono farsi carico soltanto le borgate romane funzionando come una sorta di immensa pattumiera per tutto ciò che la capitale non vuole vedere? E' inconcepibile che una città di oltre tre milioni di abitanti possa rimanere per giorni e giorni semiparalizzata dalle barricate dei blocchi stradali senza che nessuno si sia mosso per ristabilire un minimo d' ordine. Ancora più assurdo e inconcepibile, però, è che una città di oltre tre milioni di abitanti non riesca a trovare una sistemazione a poche migliaia di nomadi. In qualsiasi altra capitale del mondo una vicenda come questa apparterrebbe a quel gruppo delle microconflittualità da affrontare e risolvere senza particolari traumi giorno per giorno. Ma Roma non è una capitale come le altre. Roma è una città dove tutti i problemi, anche i più modesti, diventano insolubili. Non riesce ancora ad assicurare un decente servizio di smaltimento dei rifiuti urbani, figuriamoci se poteva affrontare e risolvere facilmente la guerra contro gli zingari... Altro che razzismo e guerra tra accattoni: l' unico vero grande scandalo sul quale dovrebbe riflettere l' intera comunità nazionale è proprio questo.

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