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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

27 agosto 2008

I libri

Edoardo Boncinelli
Il valore dei libri. L’infinita ricerca della conoscenza
Che cosa cerco nei libri? Che cosa vi ho sempre cercato e ancora oggi vi vado cercando, se pure con lena sempre meno affannata? Me lo sono chiesto di recente, in previsione dell'ennesimo trasloco e davanti alla necessità di liberarmi di qualcuno dei miei libri, anche se di nessuno dei «miei» libri. Il libro mi dà innanzitutto un piacere fisico e non esiste ambiente nel quale mi sia trovato anche solo per qualche istante, nel quale non abbia «curiosato» fra i libri esistenti. Ma era soprattutto quando ero giovane che il libro rappresentava per me un bisogno vitale: vi cercavo la verità sul mondo e volevo completare la mia preparazione alla conduzione della mia vita.
Non so se capita a tutti, ma io nei libri cercavo la verità, la lezione globale, la capacità di seguire lo sviluppo dell'una o dell'altra delle avventure intellettuali che nel loro complesso mi avrebbero portato a conoscere il mondo. C'era l'avventura della fisica moderna, della matematica, della psicologia, della sociologia, dell'economia, dell'antropologia, dei classici greci e latini, della grande letteratura, della cibernetica, dell'arte, della musica, della storia, della filosofia, della critica letteraria, del teatro... Non saprei mettere una parola fine a questo elenco; di tutto ero affamato e assetato, tutto pensavo di poter capire e apprendere, tutto pensavo di ricordare. Ma a che scopo? Innanzitutto per soddisfare la mia curiosità, veramente insaziabile e, in secondo luogo, perché trascurare qualcosa poteva voler dire perdere l'occasione di capire meglio. Che cosa? La realtà, la vita, il senso della vita, l'intricata e multiforme necessità del tutto. Non esistevano, ricordo, vie di mezzo: o capire tutto o non capire. Ma pensavo veramente di poter capire tutto? Credo proprio di sì, ovviamente col tempo. Quando si è giovani, davanti a noi c'è un orizzonte infinito. Meglio, c'è il possibile indeterminato, c'è l'ignoto dietro l'angolo di ogni strada, c'è la sfida, ancora più che continenti e continenti da esplorare. Chiamati a dirlo, non lo si saprebbe specificare con precisione, perché nessuno ha mai vissuto due volte la propria vita, ma si ha una gran fede e una perenne aspettativa di saporite verità.
Chiaramente molte di queste cose me le potevano dare persone in carne e ossa oppure la scuola, ma non era lo stesso: una cosa che sta in un libro è tutta mia. Solo mia, e me la posso consultare quando voglio e tutte le volte che voglio. Il libro è conoscenza. E promessa di conoscenza.
Tutti questi aspetti riguardano l'ipotetico raggiungimento di un vago obiettivo. Obiettivo importantissimo per me, perché volevo saper tutto, almeno tutto ciò che mi interessava, che non era poco. Ma c'era sotto sotto anche il tema della preparazione. Volevo essere preparato al meglio per affrontare la vita, intellettuale certamente, ma non solo. Ricordo di aver dichiarato a voce alta — spesso le dichiarazioni a voce alta rivelano la verità più vera anche a colui o colei che parla — che volevo consegnare alla mia futura donna un uomo che valesse.
Valere, ecco il verbo che unifica tutto quello che ho detto! Il libro vale perche ti dà cose che valgono e perché ti fa valere come uomo.
Ma c'è anche di più del valere: c'è il vivere con senso. Il valere è solo una delle estrinsecazioni del vivere con senso. Vivere con senso è una sensazione di «tendere a» nella «pienezza di». Nessuno sa che cosa viene dopo l'«a» di tendere a, né che cosa viene dopo il «di» di pienezza di, ma è nella percezione vivente di tutto questo che si vive, e io consideravo i libri i compagni essenziali, e quasi i garanti, di questa percezione.
Niente poteva, e può, darmi l'eccitazione di aprire un libro nuovo, ma ci sono libri cui è bello o bellissimo ritornare. Molti degli intellettuali adulti che ho conosciuto non leggono le pubblicazioni classiche: affermano di «rileggerle ». Io non ho quasi mai veramente riletto un libro. Alla prima lettura ho succhiato, o creduto di succhiare, il succo vitale del libro e se lo riapro a distanza anche di anni è per ripercorre un cammino, è solo per piluccare alcune delle delizie del primitivo banchetto. Per questo esistono libri dai quali mi posso separare e libri dai quali non mi posso assolutamente separare, senza perdere senso.
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*Link al sito di Edoardo Boncinelli, scienziato

1 commento:

Simona ha detto...

Sento mie queste parole, tutte quante.

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