"[...] Il segreto stava nel non prendere la dittatura troppo sul serio. Bisogna prendere sul serio la letteratura. Allora si è in salvo, non si fanno avventure, si ha controllo, non si cade nelle trappole quotidiane. Si ha un territorio altro a cui essere fedele. Se si crede alla letteratura si crede al futuro, si ha un’altra dimensione consapevole, si scrive per la propria generazione e per le future, si ha una coscienza morale superiore, si posseggono già riferimenti sicuri. Scrivere qualcosa, pubblicare qualcosa. E’ una grande gioia, è una grande salvezza, si porta a termine una parte della missione, si è coscienti che l’opera vivrà. E questo da una specie di sangue freddo, una visione molto chiara delle cose. Il potere- duro, criminale, ridicolo insieme - non potrà fare niente contro di voi. Vi può infastidire, mettervi in prigione, ma in fin dei conti non può fare niente. Quando pubblicavo un’opera mi dicevo “ho pubblicato, è finita, lei non muore, è ormai là, in mezzo a questa vita idiota, in mezzo alla propaganda più idiota del mondo. [...]".
Ismail Kadaré
*estratto da un'intervista del 2004 di Piero del Giudice a Ismail Kadaré, scrittore albanese [leggi tutto]
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