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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

03 gennaio 2010

C'era un paese che si reggeva sull'illecito...

"C'era un paese che si reggeva sull'illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati e questi si potevano avere solo illecitamente, cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia chi poteva dar soldi in cambio di favori, in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; perciò ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo di una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell'interesse del gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l'illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. A guardare bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro di aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale, alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Poiché in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta, ma neppure a rimetterci di suo, la finanza pubblica serviva ad integrare lecitamente in nome del bene comune chi si era distinto per via illecita.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro centro di potere.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche alle associazioni a delinquere di tipo tradizionale che s'inserivano come un elemento d'imprevedibilità nella giostra di miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita. Così tutte le forme di illecito, da quelle più sornioni a quelle più feroci, si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza, nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano, costoro, onesti non per qualche speciale ragione; erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d'altre persone.
In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto, gli onesti erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Erano una "contro società" che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare "la" società. Un'immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos'è".
Italo Calvino


*Italo Calvino, Apologo sull'onestà nel paese dei corrotti, "La Repubblica" , 15 marzo 1980.


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2 commenti:

Simona ha detto...

Ieri... come oggi...

Cherùt ha detto...

Appunto ... non a caso l'anno nuovo inizia con la proposta (ben accolta da tutti) di dedicare strade e piazze a ...
Paese dalla memoria corta!

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