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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

08 giugno 2008

Graffiti



“[…] La parola sui muri è una parola imposta dalla volontà di qualcuno, si situi egli in alto o in basso, imposta allo sguardo di tutti gli altri che non possono fare a meno di vederla o recepirla. La città è sempre trasmissione di messaggi, è sempre discorso, ma altro è se questo discorso devi interpretarlo tu, tradurlo tu in pensieri e in parole, altro se queste parole ti sono imposte senza via di scampo. Sia essa epigrafe di celebrazione dell’autorità o insulto dissacratorio, si tratta sempre di parole che ti piombano addosso in un momento che tu non hai scelto. E questa è aggressione, è arbitrio, è violenza […] dove la scritta è una nuda affermazione o negazione che richiede dal leggente soltanto un atto di consenso o di rifiuto, l’impatto della coercizione a leggere è più forte delle potenzialità messe in moto dall’operazione con cui ogni volta riusciamo a ristabilire la nostra libertà interiore di fronte all’aggressione verbale. Tutto si perde nel frastuono del bombardamento neuro-ideologico a cui sono sottoposti i nostri cervelli da mattina a sera […]
E’ la presenza della scrittura, le potenzialità del suo uso vario e continuo che la città deve trasmettere, non la prevaricazione delle sue manifestazioni effettuali: […] la città ideale è quella su cui aleggia un pulviscolo di scrittura che non si sedimenta né calcifica. Ma i poveri muri delle città italiane non sono diventati anch’essi ormai che una stratificazione di arabeschi e ideogrammi e geroglifici sovrapposti, tali da non trasmettere altro messaggio che l’insoddisfazione d’ogni parola e il rimpianto per le energie che si sprecano? Anche su di essi forse la scrittura ritrova il posto che è insostituibilmente suo, quando rinuncia a farsi strumento d’arroganza e di sopraffazione: un brusio cui occorre tendere l’orecchio con attenzione e pazienza fino a poter distinguere il suono raro e sommerso d’una parola che almeno per il momento è vera.”
Italo Calvino (Collezione di sabbia, Milano, Mondadori, 1994

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