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Il titolo di questo blog è ancorato ad un editoriale di Amos Luzzatto pubblicato sulle pagine del quotidiano "La Repubblica" nel giorno di Pasqua del 2001 sotto il titolo "Il valore della Libertà il rispetto della Legge".

19 dicembre 2010

Elogio delle tasse

"Delle tasse dovremmo prima di tutto fare l’elogio, ossia dirne bene. Le tasse sono il prezzo che paghiamo per procurarci strade, giustizia nei tribunali, istruzione, sicurezza ai confini, ordine interno. Il gergo economico li chiama beni pubblici. Ma l’ aggettivo non inganni: il bisogno che essi soddisfano è privato quanto lo sono la fame e il freddo. Pubblico è solo il produttore, e lo è perché quei bisogni, pur prettamente individuali, possiamo soddisfarli solo se ci aiutiamo a vicenda, organizzando una ronda alle frontiere, un tribunale, una scuola, che poi tutti utilizziamo. A tal fine costituiamo una cassa comune e concordiamo come contribuirvi. I beni pubblici hanno due caratteristiche: soddisfano bisogni elementari e nessuno sarebbe in grado di produrli solo per sé. Il bello delle tasse è che esse sono un modo civilissimo ed efficiente di far fronte alle spese comuni. Sono tra le migliori espressioni di una pacifica convivenza tra persone."
Tommaso Padoa Schioppa
 "Corriere della sera", 5 aprile 2004.


"[...] Soprattutto, però, si evade allorché il senso civico, l’impulso a partecipare al benessere comune si infiacchisce; l’evasione fiscale rivela un atteggiamento mentale secondo il quale ciò che appartiene alla collettività non è considerato patrimonio comune bisognoso di cura, ma patrimonio di nessuno, res nullius. E quando supera determinate soglie di diffusione e si associa a un senso di impunità, l’evasione innesca effetti imitativi. Secondo recenti indagini, l’opinione della maggioranza degli italiani sull’evasione sarebbe questa: le imposte non si pagano perché si ritiene che molti non le paghino e che le Amministrazioni pubbliche usino male i fondi ottenuti col prelievo. Ciò che più deve preoccupare è un senso di accettazione, quasi di rassegnazione che l’evasione sia un male cronico dal quale non si può guarire; un atteggiamento pericoloso perché rivela una tolleranza sociale per la violazione delle regole dello Stato e delle norme della convivenza civile. Un atteggiamento verso il quale non si può essere indulgenti. Urge allora ristabilire quella forza di attrazione dello Stato che discende dalla partecipazione del cittadino nella gestione della cosa pubblica e che si differenzia dal potere coercitivo derivante dalla forza di legge. Dobbiamo persuaderci che le tasse sono un modo civilissimo ed efficiente di far fronte alle spese comuni, che sono tra le più alte espressioni di una pacifica convivenza tra persone. Che non le si paghino volentieri è ovvio; ma chi non preferirebbe prendersi gratuitamente anche cibo e vesti nei negozi? E invece le imposte servono per procurarci quei beni che nessuno di noi sarebbe in grado di produrre da solo, neanche quando rispondono a bisogni prettamente individuali: strade, giustizia nei tribunali, sicurezza ai confini, ordine interno, istruzione, cure mediche. Un Governo responsabile ha dunque l’obbligo di agire per ridurre l’evasione e portarla ai livelli minimi fisiologici che osserviamo in altri paesi. Un’Italia a “evasione zero”, dove i tributi sono regolarmente pagati, è possibile, è addirittura a portata di mano. Per realizzarla occorrono un atto di fiducia e una sorta di riconciliazione, forse una sorta di patto, oltre che “tolleranza zero” verso il reato fiscale. Chi evade il fisco deve capire quanto sia profondo – in chi non può o non vuole evadere – il senso dell’ingiustizia subita, addirittura il risentimento. Il cittadino in regola deve a sua volta capire che l’evasione è una mala abitudine spesso praticata senza sensi di colpa da persone per altri versi integerrime, proprio come nelle nostre scuole copiare dal vicino di banco è, purtroppo, pratica tollerata perfino da qualche insegnante. Può essere difficile cogliere il nesso tra costume e moralità personale. Eppure quel nesso lo dobbiamo stabilire, educandoci ad assumere il cattivo costume come parte della nostra coscienza individuale, prendendo esempio dai molti che già lo fanno [...]."
T. Padoa Schioppa
L'Aquila, 21 giugno 2007

Ieri é morto Tommaso Padoa Schioppa e probabilmente l'opinione pubblica lo ricorderà soltanto per la battuta sui "bamboccioni" ma dovremmo onorarlo perché,  per la prima volta, un ministro della Repubblica ha sfidato l'impopolarità con un inedito elogio delle tasse, spiegando con parole limpide  quale ne sia scopo e l'utilità. Una rara lezione di educazione civica, nel paese dove anche chi ha ruoli istituzionali di primo livello giustifica l'evasione fiscale (e pure sollecita comportamenti generalizzati in questo senso).

*link al sito di Tommaso Padoa Shioppa.

Tommaso Padoa Schioppa
1940-2010


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